(Da Italia Oggi, sabato 17 gennaio 2011, pag. 17)
Il segretario della Fnsi fa il punto alla vigilia del Congresso di Bergamo. E bacchetta anche i giornalisti
Troppe rotative ormai sul groppone
Siddi: col boom molti editori hanno investito solo sulle macchine
di CLAUDIO PIAZZOTTA
Martedì 17 gennaio si apre a Bergamo il 26esimo Congresso nazionale della Fnsi, sindacato unico dei giornalisti. In un momento difficile per la categoria, e ricco di contraddizioni. Per esempio, le critiche della Fnsi al gruppo Fiat per gli accordi di Pomigliano o di Mirafiori, gruppo che però è assolutamente gradito come sponsor del Congresso di Bergamo. 0, ancora, le polemiche contro gli editori che hanno investito gli utili in rotative (e non sulla formazione del personale) quando già - dieci anni fa si capiva che l'informazione andava verso il digitale, e, di contro, la difesa di quei giornalisti che vogliono autista e macchina aziendale per arrivare prima della concorrenza sul luogo di un delitto. La Fnsi, tuttavia, ha un terreno comune sul quale lavorare con le parti: «Perché è nostro interesse la salute degli editori, delle imprese, dei bilanci», dice Franco Siddi, segretario nazionale della Fnsi.
Domanda. Segretario, il convegno di apertura del Congresso si intitola «Giornalismo e editoria, in linea diretta con il futuro». Pero, a parlarne, saranno Fedele Confalonieri (classe 1937), Carlo De Benedetti (classe 1934) e Piergaetano Marchetti (classe 1939). Insomma, il
futuro è in mano agli ultra 70enni anche per il sindacato unico dei giornalisti?
Risposta. Bisogna ammetterlo, l'Italia che regge è questa. E sono sicuro che la loro esperienza aiuterà a dare segnali di razionalità a un paese che diventa ogni giorno più schizofrenico.
D. Lei ha avuto parole dure contro la Fiat, che fa accordi antisindacali e poi vola in Borsa, con gravi costi sociali per i lavoratori e le famiglie … Come mai Fiat è tra gli sponsor del Congresso Fnsi di Bergamo?
R. Direi che ormai siamo tutti maggiorenni e vaccinati quanto a rapporti con la pubblicità e il marketing. Anche la Fnsi è entrata in quella logica, laicamente. Fare i congressi, fare sindacato ha dei costi molto alti. Negli ultimi tre anni la Fnsi ha seguito 580 vertenze sindacali. E questo costa parecchi euro. I giornalisti vanno in prepensionamento, le quote versate al sindacato diminuiscono. A Bergamo arriveranno circa 500 delegati, per quattro giorni, a 120 euro al giorno solo per l'albergo. Sono 240 mila euro, cui aggiungere i costi di ufficio stampa, streaming, pubblicazioni, pranzi e cene. Abbiamo trovato un aiuto da primari gruppi nazionali. Ciascuno verserà poche migliaia di euro, non c'è nessuno che copre fette rilevanti e può pretendere qualcosa. E, va detto, non c'è nessuno sponsor che ha preteso di controllare qualcosa.
D. A moderare il convegno con De Benedetti, Confalonieri e co. ci saranno Stefano Folli e Tiziana Ferrario. La scelta della Ferrario, in conflitto sindacale con il Tgl di Augusto Minzolini, non è casuale, vero?
R. Abbiamo scelto due grandi professionisti, tra i migliori in circolazione, non degli urlatori che vendono piatti alle fiere di paese. Sono due persone civili e moderate. Ovviamente la Fnsi sta dalla parte della Ferrario. Questo, tuttavia, non significa che la Fnsi vuole che siano i giudici a decidere cosa debba fare un giornalista.
D. Ma un direttore non può chiedere a una sua giornalista sta di lasciare la conduzione di un Tg dopo più di 20 anni in video?
R. Certo. Ma i cambiamenti vanno fatti entro i confini indicati dalla legge e dai contratti. Un giornalista smette di fare certe cose, ma va a farne altre con pari dignità. La Rai ha perso la causa in tribunale proprio perché ha rimosso la Ferrario dalla conduzione senza indicare alternative. E il giudice, allora, ha deciso che lei dovesse tornare a fare quello che faceva prima, ma solo perché mancavano proposte alternative dalla Rai.
D. Questo rientra un po' nella polemica di Fnsi con le televisioni che vogliono eliminare dal video i giornalisti dopo una certa età?
R. Beh, ho già denunciato (anche su ItaliaOggi, ndr) che, per esempio, Sky ci sta chiedendo un po' troppo. Pretende di fare contratti a termine della durata di sei anni. Ma una azienda seria capisce, dopo un paio di anni, se la professionalità di quel giornalista interessa o meno. Invece molte tv assoldano giovani di bella presenza e belle speranze, li sfruttano negli anni di maggiore entusiasmo, e poi, quando invecchiano e non sono più interessanti per il video li lasciano a casa. Questo non va bene.
D. Un messaggio che intende lanciare agli editori?
R. Devono capire che non si possono tagliare solo i giornalisti.
D. Però esistono posizioni di privilegio, non trova? Che ne pensa dei giornalisti del Corriere della Sera, che chiedono autisti privati per arrivare, in automobile, prima della concorrenza sul luogo di un delitto? Non le sembra un approccio fuori dal tempo?
R. Non entro nel merito, c'è una trattativa aziendale, e ciascuno conosce le risorse sulle quali può contare. Il contratto collettivo nazionale, che compie 100 anni, fissa dei principi universali. Il resto dipende dalle aziende. Che negli ultimi 15 anni hanno fatto un grande errore ...
D. Cioè?
R. Non hanno approfittato del boom della pubblicità, dei grandi utili, per investire sugli uomini, sulla formazione del personale. Invece hanno investito ingenti risorse su macchine, rotative, anche quando era chiaro che il futuro andava da altre parti. Ora se ne stanno accorgendo. Per esempio Repubblica ha chiuso un po' di tipografie. Ma siamo in ritardo.
D. Però nelle redazioni ci sono sacche di pigrizia, di voglia di non cambiare, di crogiolarsi sui privilegi del bel tempo che fu, di guardare con distacco alla multimedialità, non crede?
R. Sono d'accordo. Secondo me la forza lavoro giornalistica può rimanere la stessa di cinque anni fa, ma non può più essere distribuita come cinque anni fa. Al convegno avremo la testimonianza di Jean Martin, presidente società dei lettori di Le Monde. Una testimonianza chiara degli errori da non compiere: Le Monde voleva sviluppare l'online. I giornalisti della carta stampata non accettarono di lavorare per il sito, la casa editrice dovette assumere una redazione ad hoc per l'online, i bilanci andarono male e un anno dopo Le Monde ha dovuto licenziare 110 giornalisti della carta stampata.
D. La crisi non è finita, e, dopo i 640 degli ultimi due anni, stanno per arrivare nuovi pre-pensionamenti ...
R. Credo di sì, soprattutto nei periodici e nell'emittenza locale. La prima crisi dell'anno è quella al quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno. Che era già entrato in crisi tre anni fa. Questo sta a dimostrare che non basta tagliare i giornalisti. Serve un ripensamento del modello di business. Se si taglia e basta, il prodotto perde di appeal, si svilisce, e le vendite crollano. Il problema è che spesso gli stessi imprenditori non hanno un modello di sviluppo a lungo termine. Puritano a vendere la società, e tagliano i giornalisti per rendere l'azienda più snella e appetibile.
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