Le proposte di modifica allo Statuto e al regolamento Federale che saranno esaminate al Congresso di Bergamo, approvate a larga maggioranza dal Consiglio Nazionale della Fnsi
10/01/2011
Il testo delle proposte di modifiche allo Statuto Federale approvato dal Consiglio Nazionale nella sessione del 15 dicembre e che ai sensi del 2° comma dell’art. 44 dello Statuto sarà sottoposto all’esame del congresso nazionale e il documento approvato sulle modifiche al Regolamento.
Il testo delle proposte di modifiche allo Statuto approvato dal Consiglio Nazionale nella sessione del 15 dicembre e che ai sensi del 2° comma dell’art. 44 dello Statuto sarà sottoposto all’esame del congresso nazionale
PROPOSTE DI MODIFICA ALLO STATUTO FEDERALE APPROVATE DAL CONSIGLIO NAZIONALE NELLA SESSIONE DEL 15 DICEMBRE 2010 (CON 52 VOTI A FAVORE E 8 CONTRARI) E SOTTOPOSTE ALL’ESAME DEL CONGRESSO NAZIONALE AI SENSI DEL COMMA 2 DELL’ART. 44 DELLO STATUTO
Principi del patto federativo
Aggiungere dopo il 3° comma la seguente formulazione:
la Federazione della Stampa riconosce e basa la propria azione e la propria rappresentanza sul principio delle pari opportunità, sancito dalla Costituzione Italiana e in base a questo principio favorisce la partecipazione di genere alla vita dei suoi organismi.
Articolo 1
Modificare come segue il 2° comma:
Fanno parte della FNSI, fatto salvo quanto previsto dal successivo art. 6:
il Sindacato Giornalisti Abruzzesi; l'Associazione della Stampa di Basilicata; il Sindacato dei Giornalisti della Calabria; l'Associazione Napoletana della Stampa; l'Associazione della Stampa Emilia-Romagna; l'Associazione della Stampa del Friuli-Venezia Giulia; l'Associazione Stampa Romana; l’Associazione Ligure dei Giornalisti; l'Associazione Lombarda dei Giornalisti; il Sindacato Giornalisti Marchigiani; l'Associazione della Stampa Subalpina; l'Associazione della Stampa di Puglia; l'Associazione Stampa del Molise; l'Associazione Stampa Sarda; l'Associazione Siciliana della Stampa; l'Associazione della Stampa Toscana; il Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige; l'Associazione Stampa Umbra; l'Associazione Stampa Valdostana; il Sindacato Giornalisti del Veneto.
Articolo 2
Sostituire al 4° c.p.v. le parole “Sono iscritti” con le parole “Devono essere iscritti”
Sostituire al 5° c.p.v. le parole “Sono iscritti” con le parole “Devono essere iscritti”
Aggiungere tra il 4° e il 5° c.p.v. il seguente nuovo c.p.v.:
“l’iscrizione alle AA.RR.SS. è, per sua natura, incompatibile con l’appartenenza ad associazioni segrete”
Articolo 3
Aggiungere al punto e) la seguente formulazione:
e. favorire la partecipazione di genere negli organismi dirigenti ed esecutivi della Federazione.
Inserire il seguente nuovo punto f):
f. tutelare gli interessi professionali, contrattuali, previdenziali e assistenziali dei giornalisti lavoratori autonomi anche attraverso la commissione per il lavoro autonomo, chiamata ad operare come supporto della Giunta Esecutiva e della Segreteria Nazionale;
e riclassificare i punti successivi.
Articolo 8
Riscrivere come segue il 4° comma:
Il CN delibera la convocazione del Congresso, che si riunisce ordinariamente ogni tre quattro anni e, in via straordinaria, su iniziativa del CN o su richiesta di almeno tre AA.RR.SS. che complessivamente rappresentino il 30 per cento degli iscritti.
Riscrivere come segue il 5° comma:
Il Congresso ordinario deve essere anticipato di un semestre rispetto alla sua naturale scadenza negli anni in cui viene a scadere il maggiore contratto collettivo di lavoro.
Articolo 9
Modificare come segue il 1° capoverso:
Il congresso nazionale è costituito da 208 delegati. Il numero dei delegati espressi dai giornalisti collaboratori è pari a un quarto. I delegati sono eletti tra gli iscritti alle AA.RR.SS.. Quale espressione del vincolo federativo ciascuna AA.RR.SS. – quando il numero degli iscritti giornalisti professionali e giornalisti collaboratori, separatamente presi, è inferiore a 1000 – ha diritto rispettivamente ad una rappresentanza fissa costituita da 2 delegati giornalisti professionali eletti dai giornalisti professionali e da 1 delegato giornalista collaboratore eletto dai giornalisti collaboratori.
Modificare come segue il 3° c.p.v.:
Il quoziente elettorale si calcola per difetto, separatamente per le due categorie, e si ricava dividendo il numero degli iscritti alle AA.RR.SS. - al 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui si svolge il Congresso - per i rimanenti posti cui provvedere; i posti non attribuiti con quoziente pieno sono assegnati secondo la graduatoria dei resti alle AA.RR.SS. che abbiano conseguito almeno un quoziente pieno.
Aggiungere al 5° capoverso la seguente formulazione:
partecipano alla ripartizione dei delegati soltanto le liste che abbiano raggiunto il quoziente sopra indicato.
Articolo 11
Aggiungere il seguente ultimo capoverso:
all’ufficio di presidenza del congresso è attribuita la competenza di dirimere eventuali contenziosi relativi ad ogni attività congressuale. Contro le decisioni, assunte in tale veste, dall’ufficio di presidenza è possibile ricorso al Collegio nazionale dei probiviri.
Articolo 14
Aggiungere alla fine del 4° c.p.v. il seguente testo:
“partecipano all’assegnazione soltanto le liste che abbiano raggiunto almeno un quoziente pieno”
Articolo 16
Sostituire come segue il 2° comma:
Il CN è costituito, oltre che dal Segretario Generale da 70 giornalisti professionali e da 23 giornalisti collaboratori
Modificare come segue il 3° comma:
Fanno parte del CN:
i giornalisti che hanno la rappresentanza o la responsabilità effettive della rispettiva ARS ai sensi dello Statuto dell'ARS medesima. Ciascuno di essi fa parte del CN fino a quando conserverà l'incarico anzidetto in seno all'ARS e sarà sostituito dal successore;
22 consiglieri, giornalisti professionali, eletti dai rispettivi delegati al Congresso;
dieci consiglieri, giornalisti professionali, eletti dai delegati professionali di ciascuna delle AA.RR.SS. che abbiano rispettivamente più del 25% degli iscritti alla FNSI;
i rimanenti consiglieri giornalisti professionali sono assegnati alle altre AA.RR.SS. in proporzione al numero dei rispettivi iscritti professionali e secondo il quoziente calcolato per difetto dividendo il totale dei professionali iscritti alle AA.RR.SS. per i posti cui provvedere. I posti non attribuiti con quoziente pieno sono assegnati secondo la graduatoria dei resti;
un giornalista collaboratore per ciascuna delegazione congressuale e i rimanenti, uno per ciascuna Associazione con il maggior numero di giornalisti collaboratori iscritti; tutti eletti dalle rispettive delegazioni.
Modificare come segue il 4° comma:
Dopo le parole “in presenza nella delegazione di due o più liste, l’assegnazione dei consiglieri a ciascuna lista avviene in proporzione ai voti ottenuti e secondo il quoziente calcolato per difetto dividendo il numero dei voti validi per quello dei posti a cui provvedere” aggiungere le seguenti parole: “qualora due o più liste ottengano lo stesso resto o dovessero esprimere un numero di consiglieri superiori ai posti disponibili, il quoziente per l’assegnazione dei consiglieri deve essere calcolato non per difetto bensì a quoziente pieno”
Articolo 30
Integrare come segue l’articolo:
Appartiene alla competenza ordinaria del Collegio nazionale dei probiviri:
dirimere i conflitti tra i Collegi probivirali regionali; nel caso di conflitti di competenza e di giurisdizione tra collegi probivirali regionali relativi a controversie nelle quali siano in causa colleghi iscritti a diverse AA.RR.SS., il Collegio nazionale affida, in prima istanza, ad un terzo collegio regionale la soluzione della vertenza;
riesaminare in grado di appello le decisioni pronunciate dai Collegi probivirali regionali;
su richiesta del giornalista ricorrente o d’ufficio, affidare, ad un Collegio regionale terzo, in prima istanza, la soluzione di una vertenza, per la quale il Collegio regionale territorialmente competente dopo 6 mesi dalla presentazione di un ricorso non abbia preso alcuna decisione;
formulare pareri su questioni di indole morale, di etica professionale e di natura sindacale, ancorché non proposte in primo grado.
Il Presidente del Collegio farà al Congresso una relazione illustrativa dell'attività svolta dal Collegio.
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Il documento approvato a conclusione dei lavori del Consiglio Nazionale della Stampa Italiana riunito a Roma il 15 dicembre 2010.
CONSIGLIO NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA
(ROMA, 15 DICEMBRE 2010)
DELIBERA
Il Consiglio Nazionale della Stampa Italiana, riunito a Roma il 15 dicembre 2010, delibera di approvare le seguenti modifiche al Regolamento dello Statuto Federale.
Articolo 2
Modificare come segue il 3° c.p.v.:
Adempimenti e requisiti per l’iscrizione all’elenco giornalisti professionali sono:a. autocertificazione con indicazione del numero di tessera professionale dell’iscrizione all’Ordine, elenco professionisti o registro praticanti; ovvero autocertificazione di essere percipiente di pensione INPGI; ovvero se iscritto nell’elenco dei pubblicisti, autocertificazione di avere in corso un rapporto di lavoro giornalistico ai sensi dei contratti nazionali di categoria sottoscritti dalla Fnsi, ovvero di aver svolto perlomeno negli ultimi due anni - se non temporaneamente disoccupati - e di svolgere tuttora attività giornalistica retribuita quale attività esclusiva o prevalente anche sotto il profilo del reddito, con indicazione del o dei committenti e precisazione dell’attività svolta, e documentazione che il reddito prodotto da tale attività, lordo su base annua, nei periodi di riferimento, non è stato inferiore a quello contrattualmente previsto per il part-time (18 ore) nelle redazioni decentrate, aumentato del 20%. Il termine di due anni è ridotto a un anno - ferme tutte le altre condizioni - per i pubblicisti con contratto di lavoro FNSI a tempo indeterminato. … omissis …
Inserire dopo il punto 5 del 7° c.p.v. la seguente dizione:
L’anzianità di iscrizione è quella di iscrizione all’ARS, indipendentemente dall’elenco di appartenenza.
… omissis …
Eliminare la seguente norma transitoria:
NORMA TRANSITORIA
In via transitoria e fermo restando il diritto dei giornalisti iscritti all’albo professionale nell’elenco dei pubblicisti di attivare le procedure di cui al presente articolo per l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionali, alla data di entrata in vigore del Regolamento, le ARS procederanno all’iscrizione d’ufficio nell’elenco dei giornalisti professionali di tutti i giornalisti, già iscritti all’ARS medesima, e inseriti nei precedenti elenchi dei giornalisti professionisti e dei praticanti, nonché all’iscrizione nell’elenco dei giornalisti collaboratori di tutti i giornalisti, già iscritti all’ARS medesima e inseriti nell’elenco dei giornalisti pubblicisti.
L’anzianità di iscrizione è quella di iscrizione all’ARS, indipendentemente dall’elenco di appartenenza.
Il Consiglio Nazionale verificherà la cifra indicata quale tetto di accesso all’elenco dei giornalisti professionali dopo un anno dalla sua entrata in vigore e comunque entro due anni.
Articolo 4
Modificare come segue il 5° c.p.v.:
Fermo restando quanto disposto dal punto 1 del 6° c.p.v. dell’art. 2 e dal 3° c.p.v. del presente articolo, per l’elezione dei delegati al Congresso, possono partecipare al voto ed essere eletti i giornalisti in regola con il versamento dei contributi dovuti all’ARS per l’anno in cui si svolge la votazione.
Il versamento delle quote dovute alla FNSI - ai sensi dell’art. 39 dello Statuto - deve essere effettuato dalle AA.RR.SS. prima dell’insediamento della Commissione per la verifica dei poteri.
Articolo 7
Inserire dopo l’ultimo c.p.v.:
“Su decisione del Consiglio Nazionale l’elezione dei delegati può avvenire mediante sistema elettronico”.
Articolo 26
Modificare come segue il 3° c.p.v.:Possono essere chiesti dal ricorrente anche accertamenti preliminari o istruttori, sollecitando in merito il potere discrezionale del Collegio.
Articolo 34
Modificare come segue:Le decisioni del Collegio relative ai punti a) e b) dell’art. 30 dello Statuto e ogni altra in sede consultiva sono adottate allo stato degli atti e salvi i diritti delle parti.
Qualora, in applicazione del punto a) dell’art. 30, il Collegio abbia affidato ad un Collegio terzo regionale la soluzione di una vertenza, quest’ultimo è tenuto a procedere entro 3 mesi dalla ricezione del ricorso, trascorsi i quali, senza esito, il Collegio nazionale potrà procedere alla revoca e all’affidamento della soluzione della vertenza ad un differente Collegio regionale.
Le decisioni del Collegio relative al punto b) dell’art. 30 dello Statuto, sono immediatamente esecutive e saranno applicate dagli organi associativi competenti per territorio o eventualmente dagli organi federali. Le stesse dovranno essere rese pubbliche nella loro interezza attraverso gli organi di informazione delle associazioni interessate.
Qualora non sia stata data immediata esecutività, il Collegio nazionale è tenuto ad aprire d’ufficio un procedimento disciplinare nei confronti dell’organo associativo inadempiente.
(Approvata con 53 voti favorevoli, 7 voti contrari, 1 astenuto)
26° Congresso
della Stampa Italiana
mercoledì 12 gennaio 2011
LE PROPOSTE DI MODIFICA DELLO STATUTO FNSI
lunedì 10 gennaio 2011
IL MANIFESTO UNITARIO DELLA MAGGIORANZA
Ecco il manifesto-documento unitario, condiviso dalle cinque forze che compongono la maggioranza della Fnsi che ha governato in questa "legislatura": Autonomia e Solidarietà, Coordinamento delle Associazioni di Stampa per un Sindacato di Servizio (Capss), Giornalisti Uniti, Stampa Democratica, Quarto Potere
La maggioranza che ha governato la Federazione nazionale della stampa italiana successivamente al XXV Congresso di Castellaneta si presenta al XXVI Congresso di Bergamo convinta di poter sottoporre ai delegati un bilancio positivo del lavoro svolto ed un programma per il futuro capace di affrontare le complesse problematiche che stanno di fronte alla categoria.
La Fnsi ha realizzato, in condizioni di estrema difficoltà, ma con uno sforzo di unità interna che è stato fondamentale a tal fine, obbiettivi di assoluto rilievo che, alla luce degli sviluppi successivi che hanno caratterizzato il mondo del lavoro italiano, appaiono ancor più positivi:
1 – Dopo anni di vertenza è stato sottoscritto il contratto con la Fieg, riuscendo a mantenerne l’impianto di garanzie e riaprendo la dinamica economico-salariale.
2 – E’ stato rinnovato il contratto con Aeranti-Corallo, mantenendo e sviluppando la contrattazione giornalistica in un settore per molti anni segnato dalla presenza preponderante del lavoro nero o impropriamente regolato da altro tipo di contrattazione. Nato come contratto di emersione la sua “maturazione” resta uno degli obiettivi principali del Sindacato. Questi contratti, assieme agli accordi di settore, come quello sottoscritto con l’Unione della stampa periodica (Uspi), sono la nostra carta d’identità e strumenti imprescindibili di tutela della professione nonché base fondamentale dello “stato sociale” della categoria.
3 - Le iniziative messe in campo dal Sindacato, dall'Inpgi e dalla Casagit hanno evitato che la crisi del settore compromettesse l'equilibrio dei conti e quindi l'autonomia degli Istituti della categoria.
4 - E’ proseguita con determinazione, pur tra difficoltà crescenti che non possono essere negate, l’iniziativa per la piena applicazione della legge 150 e la definizione del profilo professionale degli addetti stampa pubblici.
5 - Contemporaneamente si è rafforzata e consolidata l’attenzione al mondo del lavoro autonomo con l’istituzionalizzazione di strutture sindacali tese a rendere permanente e più efficace l’azione di tutela di questo settore del giornalismo. Questa scelta sarà fondamentale per affrontare una crisi non ancora esaurita e che rischia di colpire soprattutto le fasce più deboli del giornalismo, il che richiede una forte capacità di interlocuzione del Sindacato con la politica e le istituzioni allo scopo di mantenere l’intervento pubblico su basi eque e corrette nonché la definizione, urgente, di una legge di riforma dell’editoria.
6 – La Fnsi è stata protagonista nella battaglia per la difesa della libertà e dell’indipendenza della informazione nel nostro Paese. Lo ha fatto in piena autonomia, senza alcuna subalternità né culturale né politica nei confronti di altre organizzazioni e senza nulla concedere a schieramenti di parte.
Tutte queste tematiche dovranno restare al centro dell’azione della Fnsi. La coalizione di maggioranza si propone per il rinnovo della larga fiducia che l’ha fin qui sostenuta, allo scopo di proseguire e rendere più efficaci le politiche fino a oggi perseguite.In particolare:
1-Sviluppare politiche che sfidino la controparte imprenditoriale ad una progettualità che consenta l’uscita dalla crisi del settore e la riapertura del mercato del lavoro, costruendo un meccanismo che sappia dare pari dignità al lavoro dipendente ed a quello autonomo, comprese le forme di auto imprenditorialità.
2 -Rendere più moderno il Sindacato nazionale dei giornalisti elevandone la capacità di prestare assistenza ai colleghi, specie a quelli “autonomi” (professionali o collaboratori che siano), attraverso la valorizzazione del ruolo delle Associazioni regionali di stampa, mediante assistenza e consulenza specialistica e politiche di formazione dei quadri sindacali.
3 -Utilizzare il massimo delle sinergie possibili con gli altri organismi della categoria - Inpgi, Casagit e Fondo complementare - facendo leva sulle eccellenze dimostrate e ottimizzando le risorse a disposizione, lo scambio delle informazioni e lo sviluppo delle politiche di formazione sulle normative del settore e di aggiornamento professionale.
La Federazione della stampa deve confermare, anche con questo Congresso, il proprio impegno perché il Parlamento approvi una inderogabile riforma del nostro Ordine professionale. Non una riforma qualsiasi, ma un complesso di norme che consentano all’Ordine dei giornalisti di rispondere alla propria missione: interpretare la vera realtà professionale della categoria attraverso una rigorosa gestione dell’accesso e delle norme deontologiche. Nella reciproca autonomia e nel rispetto dei rispettivi ruoli, la Fnsi continuerà a perseguire il massimo di collaborazione con tutti gli organismi della categoria.Riteniamo essenziale rilanciare un'azione coordinata degli Enti che renda sempre più efficace e solido il sistema di welfare dei giornalisti italiani dipendenti e autonomi.
Autonomia e Solidarietà
Coordinamento delle Associazioni regionali di Stampa per un Sindacato di servizio
Giornalisti Uniti
Quarto Potere
Stampa Democratica
La maggioranza che ha governato la Federazione nazionale della stampa italiana successivamente al XXV Congresso di Castellaneta si presenta al XXVI Congresso di Bergamo convinta di poter sottoporre ai delegati un bilancio positivo del lavoro svolto ed un programma per il futuro capace di affrontare le complesse problematiche che stanno di fronte alla categoria.
La Fnsi ha realizzato, in condizioni di estrema difficoltà, ma con uno sforzo di unità interna che è stato fondamentale a tal fine, obbiettivi di assoluto rilievo che, alla luce degli sviluppi successivi che hanno caratterizzato il mondo del lavoro italiano, appaiono ancor più positivi:
1 – Dopo anni di vertenza è stato sottoscritto il contratto con la Fieg, riuscendo a mantenerne l’impianto di garanzie e riaprendo la dinamica economico-salariale.
2 – E’ stato rinnovato il contratto con Aeranti-Corallo, mantenendo e sviluppando la contrattazione giornalistica in un settore per molti anni segnato dalla presenza preponderante del lavoro nero o impropriamente regolato da altro tipo di contrattazione. Nato come contratto di emersione la sua “maturazione” resta uno degli obiettivi principali del Sindacato. Questi contratti, assieme agli accordi di settore, come quello sottoscritto con l’Unione della stampa periodica (Uspi), sono la nostra carta d’identità e strumenti imprescindibili di tutela della professione nonché base fondamentale dello “stato sociale” della categoria.
3 - Le iniziative messe in campo dal Sindacato, dall'Inpgi e dalla Casagit hanno evitato che la crisi del settore compromettesse l'equilibrio dei conti e quindi l'autonomia degli Istituti della categoria.
4 - E’ proseguita con determinazione, pur tra difficoltà crescenti che non possono essere negate, l’iniziativa per la piena applicazione della legge 150 e la definizione del profilo professionale degli addetti stampa pubblici.
5 - Contemporaneamente si è rafforzata e consolidata l’attenzione al mondo del lavoro autonomo con l’istituzionalizzazione di strutture sindacali tese a rendere permanente e più efficace l’azione di tutela di questo settore del giornalismo. Questa scelta sarà fondamentale per affrontare una crisi non ancora esaurita e che rischia di colpire soprattutto le fasce più deboli del giornalismo, il che richiede una forte capacità di interlocuzione del Sindacato con la politica e le istituzioni allo scopo di mantenere l’intervento pubblico su basi eque e corrette nonché la definizione, urgente, di una legge di riforma dell’editoria.
6 – La Fnsi è stata protagonista nella battaglia per la difesa della libertà e dell’indipendenza della informazione nel nostro Paese. Lo ha fatto in piena autonomia, senza alcuna subalternità né culturale né politica nei confronti di altre organizzazioni e senza nulla concedere a schieramenti di parte.
Tutte queste tematiche dovranno restare al centro dell’azione della Fnsi. La coalizione di maggioranza si propone per il rinnovo della larga fiducia che l’ha fin qui sostenuta, allo scopo di proseguire e rendere più efficaci le politiche fino a oggi perseguite.In particolare:
1-Sviluppare politiche che sfidino la controparte imprenditoriale ad una progettualità che consenta l’uscita dalla crisi del settore e la riapertura del mercato del lavoro, costruendo un meccanismo che sappia dare pari dignità al lavoro dipendente ed a quello autonomo, comprese le forme di auto imprenditorialità.
2 -Rendere più moderno il Sindacato nazionale dei giornalisti elevandone la capacità di prestare assistenza ai colleghi, specie a quelli “autonomi” (professionali o collaboratori che siano), attraverso la valorizzazione del ruolo delle Associazioni regionali di stampa, mediante assistenza e consulenza specialistica e politiche di formazione dei quadri sindacali.
3 -Utilizzare il massimo delle sinergie possibili con gli altri organismi della categoria - Inpgi, Casagit e Fondo complementare - facendo leva sulle eccellenze dimostrate e ottimizzando le risorse a disposizione, lo scambio delle informazioni e lo sviluppo delle politiche di formazione sulle normative del settore e di aggiornamento professionale.
La Federazione della stampa deve confermare, anche con questo Congresso, il proprio impegno perché il Parlamento approvi una inderogabile riforma del nostro Ordine professionale. Non una riforma qualsiasi, ma un complesso di norme che consentano all’Ordine dei giornalisti di rispondere alla propria missione: interpretare la vera realtà professionale della categoria attraverso una rigorosa gestione dell’accesso e delle norme deontologiche. Nella reciproca autonomia e nel rispetto dei rispettivi ruoli, la Fnsi continuerà a perseguire il massimo di collaborazione con tutti gli organismi della categoria.Riteniamo essenziale rilanciare un'azione coordinata degli Enti che renda sempre più efficace e solido il sistema di welfare dei giornalisti italiani dipendenti e autonomi.
Autonomia e Solidarietà
Coordinamento delle Associazioni regionali di Stampa per un Sindacato di servizio
Giornalisti Uniti
Quarto Potere
Stampa Democratica
domenica 9 gennaio 2011
La relazione di Iselli al Congresso dell'Unione Pensionati
E' cominciato a Bergamo, con il saluto del segretario della Fnsi Franco Siddi (nella Foto) il congresso dell'Unione Pensionati, che si conclude oggi. Di seguito la relazione del presidente uscente Ino Iselli.
Viviamo tempi insicuri. Quello che è appena incominciato è forse uno degli anni più incerti dell’ ultimo decennio, che non passerà alla storia come un periodo di grande tranquillità. Iniziamo un anno, senza sapere come finirà, se si voterà a marzo o si tirerà avanti altri tre anni, se il governo è più forte o più debole di prima, se i massacri finanziari del ministro Tremonti saranno sufficienti o non serviranno a frenare la crisi italiana. Non sappiamo se alla Corte Costituzionale sono stati nominati austeri custodi della legalità, oppure allignano quindici golpisti eversori. Ondeggiamo fra la convinzione che alla Fiat sia stato raggiunto un accordo storico oppure che sia un drammatico ritorno agli anni ’50: Marchionne è l’ “americano a Roma” o il nipotino di Valletta? Non sappiamo neppure per quale precisa ragione debba essere stato il Presidente della Repubblica ad incontrare un gruppo di ragazzi un po’ arrabbiati e non il ministro della Pubblica Istruzione.
Insomma, il dubbio ( temo non cartesiano) ha un’ estensione praticamente universale: meno che sulle pensioni. Anzi, sulla riduzione del sistema previdenziale. Qui le certezze sono assolute. Il 2011 comincia con le “finestre” che allungano (oltre i 65 anni) il raggiungimento del periodo di godimento dell’ assegno di quiescenza. Premessa all’ applicazione delle regole sulle cosiddette “aspettative di vita”: cioè campi di più e per premiarti ti riducono l’assegno. Si continuerà con le dipendenti pubbliche, che arriveranno rapidamente ai 65 anni per smettere il lavoro, quasi sicuramente la prima tappa per giungere allo stesso traguardo anche per tutte le lavoratrici del settore privato.
Insomma, si andrà in pensione sempre più tardi (il traguardo dei settant’ anni è ormai a portata di mano) con sempre meno soldi e con una scarsa copertura dal processo inflativo. La Banca d’Italia rincara la dose e lancia il suo allarme, contenuto in un suo studio e ricavato dai dati offerti dalla Ragioneria dello Stato: la situazione è quella di un taglio drastico del cosiddetto “tasso di sostituzione”, cioè di quanta percentuale dello stipendio andrà a costituire la pensione. Ebbene, dice la Banca d’Italia, è già previsto che un lavoratore del settore privato che nel 2010 sarebbe andato in pensione con il 70 per cento dello stipendio, nel 2040 (a parità di requisiti contributivi) avrà soltanto il 52 per cento. Un taglio drastico dovuto soprattutto alla riforma dei cosiddetti coefficienti di trasformazione, adottata nel 2007, e resa operativa quest’ anno (ma non per i giornalisti) che modifica il meccanismo di calcolo della pensione e ne riduce l’importo. E’ una situazione, commenta lo studio della Banca d’Italia, che comporterà rischi non solo per il singolo pensionato, ma anche per la collettività che “dovrà farsi carico di interventi di natura assistenziale”.
Molti osservatori qualificati, però, hanno la netta convinzione che questi provvedimenti mentre contribuiscono certamente a mantenere in salvo il bilancio previdenziale, quindi a ridurre la spesa pubblica, trascinano con sé un rovescio della medaglia terribile: perché più vecchi si va in pensione, meno giovani entrano e più tardi nel mondo produttivo, più si estende il mondo del precariato. E nessuna moderna e complessa società industriale o postindustriale può salvarsi senza accelerare, anziché frenare il processo di ricambio generazionale, l’unico che può ampliare la base produttiva e quindi la produttività generale.
In altre parole, il sistema pubblico italiano, la finanza pubblica, reagiscono alla crisi internazionale difendendosi con atti in un certo senso di disperazione, che sottolineano, se ce ne fosse ancora bisogno, la gravità della situazione: riprendersi risorse dai vecchi, cioè da chi è arrivato alla fine della vita produttiva, senza offrirle ai giovani, che si vedono tagliati gli investimenti scolastici e ridotte le prospettive occupazionali, fare tutto ciò oltre un certo livello di compatibilità e di programmazione, può comportare conseguenze drammatiche. Anche perché (non solo in Italia) i vecchi improduttivi aumentano e i giovani che lavorano diminuiscono.
Nel complesso dei 27 Paesi che fanno parte dell’Unione europea esistono attualmente quatto persone in età lavorativa per ogni ultra sessantacinquenne. Una stima Eurostat rileva che i trend demografici e migratori faranno variare tale rapporto, fino a raggiungere, nel 2060, un valore dimezzato: due persone in età lavorativa ogni over 65. Più in dettaglio, Eurostat prevede che gli ultra sessantacinquenni passeranno dall’attuale 17,1 per cento della popolazione al 30 per cento nel 2060, mentre la percentuale degli ultraottantenni toccherà la quota del 12,1 per cento, contro il 4,4 per cento del 2008. Poiché la popolazione prevista in Europa per quell’anno sarà di 506 milioni (compresi gli immigrati) vuol dire che fra cinquant’ anni avremo in circolazione 61 milioni di aspiranti Matusalemme e che 300 milioni di gente che lavora dovrà mantenere, oltre ai propri figli (se li avrà) anche 150 milioni di collocati a riposo, con tutti i costi ed i problemi che ciò comporta.
L’ impressione è che di fronte a questi fenomeni macroscopici, la politica europea non riesca a vedere oltre il proprio naso: fate più figli e andate in pensione più tardi, dicono. Insomma, navigare a vista sperare in Dio e, in attesa del miracolo, segare la spesa previdenziale.
In casa nostra, cioè nel mondo del giornalismo, la situazione previdenziale (soggetta a molti dei provvedimenti determinati dal governo per la previdenza pubblica) non è scevra di problemi, per fortuna non ancora drammatici, ma ha bisogno di interventi decisivi, abbastanza rapidi e, purtroppo, non tutti indolori.
Il bilancio attuariale dell’INPGI reso noto in autunno ed approvato dal Cda prevede la massima espansione della “gobba”, cioè un buco finanziario insostenibile, per il 2040, per evitare il quale, o meglio per evitare il commissariamento dell’ente in mancanza dell’adozione dei provvedimenti necessari ad impedirlo, entro la metà del 2011 dovranno essere adottate dal Cda decisioni operative per aumentare le entrate e ridurre le prestazioni. Le ipotesi principali su cui si lavora sono due: crescita di tre punti dei contributi versati dagli editori ed aumento a 65 anni dell’età pensionabile delle giornaliste. Il tutto con le gradualità che saranno ritenute più confacenti al raggiungimento dell’obiettivo. Naturalmente i due provvedimenti non sono né paritetici né paragonabili, perché le colleghe saranno, comunque, penalizzate, mentre gli editori continueranno nel vantaggio, sia pure ridotto, di versare meno contributi (almeno tre punti) di quanto versano all’INPS tutti gli altri imprenditori e di quanto versano gli stessi editori per i loro dipendenti non giornalisti. Ma questo “punto di equilibrio”, chiamiamolo così, è voluto, oltre che dagli editori, anche dalla stessa FNSI, i cui dirigenti temono un risultato negativo dal prossimo contratto economico qualora gli editori dovessero versare per intero all’INPGI quanto spetta loro. Si può quindi ragionevolmente sostenere che le colleghe pensionate prossime venture sono, in una certa misura vittime di una coincidenza di interesse delle cosiddette parti sociali. Su tutto ciò, sono sicuro, si soffermerà con molta più autorevolezza di me il presidente Camporese nel suo intervento quando verrà a trovarci. Di mio posso solo aggiungere un convincimento personale: quello di non volermi annoverare fra coloro che, dopo aver tirato un po’ di molotov (o più semplicemente di sassi) quando erano giovani, adesso si sono ritirati nelle schiere di quanti sostengono che “tutta la colpa è del ‘68”, magari senza neppure averlo vissuto. Sono come quelli che, magari solo per difendere la loro pancia piena davanti all’ ira di qualche affamato sostenevano che la “colpa è tutta di Voltaire”. Io credo che certe decisioni, come lo Statuto dei diritti dei lavoratori o le riforme delle pensione, adottate 30 o 40 anni fa sono state sacrosante: semmai è chi è venuto dopo e c’è ancora oggi che non ha saputo , o non ha voluto, compiere le azioni di risanamento della finanza pubblica, facendo pagare il dovuto a tutti e non solo ai lavoratori a reddito fisso.
In attesa (chi lo sa mai!) di ripensamenti operosi che, nei prossimi decenni, magari favoriti da risanamenti della finanza pubblica e dall’adozione di sistemi di tassazione più confacenti a Paesi di alta modernità, possano invertire la tendenza punitiva verso i pensionati, noi giornalisti abbiamo di che essere soddisfatti di quanto stiamo realizzando: la creazione e la gestione del Fondo di perequazione delle pensioni contenuto nell’ ultimo contratto. Il vero valore aggiunto di un accordo sostanzialmente difensivo, che ha un preciso significato positivo, quello di essere stato firmato a più di quattro anni dalla scadenza naturale da un sindacato che ha dimostrato, nel tempo, di soffrire di qualche deficit di ossigenazione.
Dobbiamo, tuttavia, dirci con sincerità alcune cose precise, cercando di non abbandonarci fra noi a pericolosi equivoci. Questo Fondo è stato voluto con tenace determinazione dall’Unione pensionati: è entrato nella piattaforma contrattuale soprattutto perché abbiamo rotto le scatole alla FNSI, è stato recepito nell’accordo con gli editori anche, ma forse dovrei dire soprattutto, perché negli anni di vacanza contrattuale non abbiamo mollato un millimetro sulla sua necessità e poi, perché un solo dirigente della FNSI, ripeto, uno solo, ci ha creduto e l’ha difeso di fronte agli editori, quando molti altri “ragazzi” della Giunta federale lo avrebbero tranquillamente mollato di fronte a qualche altro beneficio da parte degli editori: costui è il segretario Siddi. Solo lui e, ripeto, nessun altro.
Ora, siccome le sconfitte sono orfane e le vittorie hanno più padri dei funghi che si trovano in Val Taro, adesso ci sono parecchi “maestri” di sindacalismo che, dopo aver scoperto che il Fondo è un bel giocattolino (a un anno dalla sua entrata in funzione ha accumulato più di 800 mila euro) si fanno avanti, si vantano di conquiste che non sono da ascrivere a loro merito e, comunque, ci spiegano quello che dobbiamo fare, come, dove e quando. Io dico solo questo: il Fondo è un istituto che vale per tutti i pensionati, quelli di oggi e, soprattutto, quelli del futuro. E’ dei pensionati e di nessun altro: deve essere gestito, in termini di equità e di saggezza dalla FNSI e dall’INPGI, come previsto dalla norma contrattuale, con la partecipazione attiva dell’ UNGP (così ci è stato garantito dal segretario Siddi). Per questo non deve prevedere né forzature, né prevalenze e neppure forme che assomigliano a dictat gestionali. La sua istituzione, su iniziativa e richiesta dell’INPGI, è stata approvata dal Ministero del Lavoro (uno dei Ministeri vigilanti sull’Istituto) e quindi il Fondo ha assunto una valenza che supera la mera norma contrattuale.
Non ha ancora, a un anno dalla sua attivazione, un regolamento di gestione: la responsabilità del ritardo è da ascrivere esclusivamente alla Giunta della FNSI. Al testo del regolamento hanno fattivamente contribuito, in fase di correzione e miglioramento funzionale della stesura iniziale ad opera degli uffici dell’INPGI, l’ ignobile presidente che vi parla, insieme al vice presidente Antonio De Vito e, in larga misura, al collega Francesco Brozzu. Tuttavia, il testo approvato dalla Giunta della FNSI non corrisponde completamente alla necessità di gestione equilibrata e saggia di cui abbiamo parlato prima e necessita a mio avviso, ma non solo mio, di alcuni cambiamenti, senza i quali diventerà molto difficile un tranquillo passaggio ratificatorio da parte dell’INPGI.
Al di là del Fondo di perequazione e più in generale sul rapporto fra FNSI e Unione pensionati, mi sento di dover ribadire alcuni concetti elementari che dovrebbero essere arcinoti, ma che spesso vengono dimenticati. Noi rispettiamo, abbiamo sempre rispettato la Federazione, spesso senza ricevere altrettanto rispetto. Noi siamo dentro la FNSI, ma siamo autonomi da essa perché è lo statuto del sindacato che lo prevede: anzi, potremmo dire che ci obbliga ad esserlo, come sono autonome le Associazioni o l’ Usigrai. Abbiamo cercato di vivere con dignità in questo binomio unità-autonomia, rivendicando sempre il nostro ruolo istituzionale di prioritaria difesa dell’interesse dei pensionati (altrimenti che ci staremmo a fare?) senza ledere alcun altro interesse legittimo: lo abbiamo fatto talvolta con dolcezza, spesso con durezza perché ci siamo scontrati con ottusità e prepotenze inaccettabili. Abbiamo cercato sempre di non dare spazio a correnti, consorzi, conventicole, coordinamenti (tutti organismi statutariamente inesistenti) rifiutando di essere telecomandati da piccoli boss sindacali. Mi accorgo, tuttavia, che alcuni non l’hanno ancora compreso.
Abbiamo sempre giudicato in autonomia, ed espresso liberamente i nostri giudizi, sulle scelte della FNSI e sui risultati delle sue azioni sindacali. Abbiamo giudicato positivamente e globalmente il contratto, pur con tutti i limiti che ha rivelato: lo abbiamo detto ed abbiamo invitato i pensionati ad approvarlo nel referendum. I pochi che sono andati a votare ci hanno confortato perché il sì è stato molto elevato. Abbiamo giudicato molto positivamente l’azione svolta dalla FNSI (in particolare l’impegno del presidente Natale e del segretario Siddi) per affossare la “legge bavaglio”, la capacità che ha dimostrato il sindacato di tessere le alleanze politiche e sociali che sono state in grado di raggiungere uno straordinario successo.
Per questo nostro sforzo di giudicare senza pregiudizio, abbiamo il diritto di pretendere che vengano ascoltate anche lo nostre critiche e comprese le nostre decisioni che spesso hanno contrastato logiche di corrente e di consorteria. Mi riferisco in particolare alle scelte per le elezioni degli organismi dirigenti dell’ INPGI e della Casagit che hanno portato a risultati non proprio confacenti alle previsioni (sia di scontro che di spartizione) della vigilia. Il risultato oggi è che, sia all’INPGI che alla Casagit (per qual che può essere utile ai pensionati) la presenza ed il peso dell’Unione è maggiore e più autorevole.
Quel che mi sento di aggiungere, infine, alla FNSI (anzi dovrei dire alle FNSI, perché mai come ora questo nostro sindacato mi appare frantumato e diviso) è di stare molto attenti a non considerare esaurita la propria azione nella doverosa difesa del lavoro precario e di chi ne è vittima.
Come ha ben detto il Presidente della Repubblica pochi giorni fa, ai giovani non vanno date “certezze”, perché nessuno di noi è in grado di farlo, ma “possibilità”: a loro non serve demagogico assistenzialismo ma prospettive reali e realizzabili. Credo, quindi, che nostro compito non sia quello del paternalismo o degli insulsi documenti che tutti il giorno dopo dimenticano. Credo invece che debba essere compiuto un grande sforzo, che la FNSI compia un grande sforzo per invertire la rotta, per sfidare gli editori sulla qualità e la libertà dell’ informazione che possono essere garantite soprattutto da una maggiore stabilità del lavoro, premessa indispensabile di una crescita culturale e professionale dei più giovani colleghi della quale si sente oggi l’estrema necessità. Spesso, purtroppo, dobbiamo constatare che ad una scarsa remunerazione del lavoro giornalistico, ad un’ insufficiente o inesistente sbocco professionale, corrisponde un troppo basso livello del prodotto finale. E’ una sfida, cari amici dirigenti della FNSI: anzi è “la sfida” dei prossimi anni. E la vostra capacità, anzi la capacità di sopravvivenza del nostro sindacato, si misurerà sui risultati di questa sfida. Tutto il resto sono chiacchiere di chi sa solo navigare sotto costa ed ha paura di qualche ondina.
Un altro tema sul quale scarsa, per non dire inesistente, è l’attenzione del sindacato (non solo dei giornalisti) è quello dell’ imposizione fiscale sul lavoro dipendente e sulle pensioni. Ha scritto recentemente Pierre Carniti sulla rivista di critica sociale “Eguaglianza e libertà”: “Il punto è che l’ Irpef da imposta sul reddito delle persone fisiche, si è di fatto tramutata in imposta specifica su salari e pensioni. Qualche dato può servire a rinfrescare la memoria dei più distratti. L’incremento del prelievo fiscale su salari e stipendi negli ultimi due decenni è stato impressionante. Sale infatti dal 40 ad oltre il 60 per cento delle entrate totali Irpef. Mentre per i redditi non da lavoro dipendente si riduce dal 37 a meno del 10 per cento. Questo è successo mentre la quota del lavoro dipendente sul totale del Pil è diminuita, passando dal 66 al 53 per cento. In altre parole, significa che, mentre i redditi da lavoro calavano costantemente come quota del reddito nazionale, il prelievo su di loro è continuamente aumentato. In compenso gli altri redditi, sebbene in costante crescita, hanno pagato sempre di meno. Del resto – continua Carniti – i dati tributari parlano da soli. Lo scorso anno le entrate Irpef sono state pari a 146 miliardi di euro, comprese le addizionali comunali e regionali. Di questi miliardi i lavoratori dipendenti ne hanno pagati 88,5, i pensionati 44,5. Per differenza si deduce che tutti gli altri (imprenditori grandi e piccoli, professionisti, commercianti ed autonomi) hanno pagato solo 13 miliardi. Ne consegue che l’Irpef è pagata per il 60,6 per cento dai lavoratori dipendenti , per il 30,4 per cento dai pensionati e solo per il 9 per cento da tutti gli altri.”
Ora io non mi soffermo sulle ricette per guarire questa malattia tutta italiana che ne fa uno dei tanti suoi primati negativi: si conoscono ma non si vogliono prescrivere, anzi si inventano simpatiche trovate come il “federalismo fiscale” che serve solo per ridurre le imposte a tutti coloro che nel Nord già ne pagano poche per trasferirle a chi sta nel Sud, magari con una bella spalmatine sulle spalle di quegli operai della Fiat che per tirare la carretta dovranno lavorare come negri. Quello che sorprende è la sostanziale indifferenza sindacale, insieme ad una certa imbarazzata acquiescenza dei partiti della cosiddetta “sinistra” (almeno una volta si chiamava così).
Perché la FNSI non se ne fa carico? Quando vuole riesce a collocarsi al centro dell’attenzione politica. Perché non entra nel fumoso e stanco dibattito attorno ai destini della maggioranza di governo ed a quello personale di Silvio Berlusconi per non dire la verità sul prezzo che tutti dovremo pagare alla Lega per non andare subito alle elezioni, cioè l’avvio di un colossale e scandaloso trasferimento di massicce risorse al Nord e di tassazioni a Sud? Non crea preoccupazione questo ulteriore pesante colpo allo sfasciamento del Paese? Siamo fermi alla libertà di stampa: tutto il resto non ci interessa? E la controparte sociale, siamo sicuri che non sia coinvolgibile in un serio discorso che misuri forze politiche e acquisizione del consenso sociale per trasferire alle forme parassitarie della rendita il livello di tassazione esistente in Europa, a vantaggio del lavoro e del profitto? Mi piacerebbe conoscere la risposta, prima di dover leggere il prossimo, sconfortante articolo di Carniti: uno che, comunque, quando lo faceva, il leader sindacale lo sapeva fare. Ma quelli, al contrario di oggi, erano tempi in cui unità e autonomia dei sindacati dai partiti e dai poteri economici erano valori ampiamente condivisi e spesi all’unico scopo di difendere l’interesse dei lavoratori: non di questo o di quello, ma “dei lavoratori tutti”.
Poche parole voglio dedicare alla Casagit: l’Unione ha dato un contributo (e non da poco) al cambiamento del suo gruppo dirigente. Non me ne pento, anche se ciò, come al solito, ha comportato parecchi mal di pancia e l’ accusa personale, pensate un po’, di non aver rispettate le logiche di corrente. Ho staccato il telecomando e ne sono estremamente felice. Ora l’ ente ha risanato i bilanci ed ha cominciato a camminare con molta più sicurezza. Anche di questo sono molto felice, così come sono sicuro che il presidente Cerrato ed i suoi consiglieri si ricorderanno che i più affezionati e fedeli fruitori della Casagit sono gli anziani come noi e che i loro bisogni possono essere soddisfatti con intelligenza andando al cuore dei problemi, senza disperdere l’assistenza sanitaria in mille rivoli, spesso costosi e infruttuosi.
Per quanto riguarda l’Ordine ho smesso da tempo, purtroppo, di sognare l’Ordine che vorrei. Mi accontenterei, anch’ io delle riforme realisticamente possibili, anche se il tempo che passa inutilmente rischia di trasformarlo in un carrozzone ingestibile. Voglio solo notare che le recenti elezioni del vertice nazionale hanno, anche qui, visto il clamoroso fallimento degli “ordini di scuderia” a favore di soluzioni che alla vigilia sarebbero apparse assolutamente imprevedibili e che, a mio avviso, rendono invece del tutto interessante l’ attenzione sulla sua attività e sul suo futuro.
Vorrei solo esprimere il mio apprezzamento per il gesto, giuridicamente e simbolicamente, più importante realizzato nel corso del mandato appena iniziato che è la conferma del provvedimento di primo grado nei confronti del direttore del Giornale, Vittorio Feltri, sia pure con una riduzione di “pena”. E vorrei, inoltre, esprimere tutto il mio sconcerto di fronte a reazioni di critica, a cavallo tra i farisei e le tricoteuses davanti alla ghigliottina, per la diminuzione della sanzione. Il valore di questa pronuncia non si misura sulla quantità, ma sul fatto che la condivisione della censura è stata praticamente unanime. Ed anche questo non era assolutamente scontato.
E veniamo ora alla nostra Unione, al suo futuro, ai suoi obiettivi, al suo rinnovamento. Io sono convinto che, sia pure con difficoltà e tempi di lunghezza incalcolabile, nel corso del mandato che si conclude oggi l’ UNGP sia riuscita a far compiere passi avanti molto importanti su questioni che toccano l’interesse dei giornalisti pensionati. Del Fondo di perequazione delle pensioni ho già ampiamente parlato. Resta da dire qualcosa sul cumulo fra pensione ed altri redditi da lavoro e sulla quota d’iscrizione al sindacato da riservare all’ Unione.
La quota di pensione esente dalle norme sul cumulo, grazie anche al lavoro compiuto dall’ UNGP, è stata elevata dall’INPGI lo scorso anno ed è passata da circa 8 mila ad oltre 20 mila euro. E’ un bel passo avanti ma non ancora sufficiente. Io credo che, nel 2011, o comunque entro la fine del mandato del Consiglio di amministrazione dell’INPGI tale cumulo vada completamente abolito. E’ un impegno che si siamo proposti quando è stato rinnovato il vertice del nostro istituto previdenziale, che ha ottenuto, in sede di votazioni, un vastissimo consenso fra i pensionati. E’ una norma antiquata (esistente solo ed esclusivamente per il nostro ente) che, ipocritamente, viene venduta come un provvedimento che, frenando il ricorso al lavoro dei pensionati, stimola, invece, l’aumento dell’occupazione giovanile.
Se si pon mente a quanto è avvenuto negli ultimi due anni ci si accorge che questa argomentazione non regge. La crisi editoriale nel biennio trascorso ha causato centinaia di espulsioni definitive per prepensionamento ed altre (in attesa di diventare definitive) per cassa integrazione. Chi è uscito (o sta uscendo dal mondo del lavoro) non è stato sostituito se non in misura trascurabile Le norme sul cumulo sono state indifferenti a questo drammatico processo che ha ubbidito a logiche strutturali dell’editoria e che non poteva essere minimamente controllato da regole che, al massimo, esprimono buone o lodevoli intenzioni. Nemmeno il cumulo può essere considerato un fabbricatore di risparmio per l’INPGI, il quale, come sappiamo, ha bisogno di ben altro che delle briciole per durare nel tempo.
Qual è allora la ragione per mantenere il cumulo, fra l’altro ampiamente eluso da accordi aziendali stilati spesso con il consenso esplicito delle Associazioni regionali, e che, quasi sempre, si riduce a punire quegli sfigati a cui può non bastare la pensione e che non possono evitare di nascondere altri redditi? Nessuno lo sa dire, se non mascherandosi ancora dietro la frase fatta dello “spazio ai giovani”, spazio oggi purtroppo quasi inesistente. Per quanto riguarda l’accusa di utilizzo improprio del pensionato in mansioni che dovrebbero essere riservate solo a lavoratori dipendenti (mettiamo il caso del redattore capo che va in quiescenza e continua a dirigere la redazione, il che, però è sindacalmente sgradevole ma non illegittimo) io credo che il problema potrebbe essere superato attraverso accordi sindacali in cui la parte editoriale si impegna al corretto utilizzo del giornalista pensionato che non leda interessi ed aspettative altrui, ma senza generalizzazioni demagogiche e inconcludenti. Invito la FNSI a prendere in considerazione queste proposte, che se realizzate potrebbero anche essere sottoposte al controllo ispettivo dell’ INPGI. E insieme la invito a non frapporre più alcun ostacolo all’abolizione del cumulo. La invito e l’attendo a questa prova di saggezza e responsabilità. Infine, la quota d’iscrizione al sindacato di spettanza all’ Unione ed il completamento del processo di autonomia finanziaria dell’UNGP . Non è un pallino maniacale, ma un preciso diritto/dovere, esistente da 12 anni, contenuto nello statuto dell’Unione reso valido dall’ approvazione del Consiglio nazionale della FNSI. Ma quando parli di queste cose, trovi sempre qualche furbetto (sordo od ottuso è la stessa cosa) che cerca di parlar d’altro (credo che la FNSI abbia instaurato una scuola speciale in elusione mentale) che ti dice di non fare sterili polemiche.
Per farla in breve, esistono oggi intese variegate fra l’UNGP e cinque Associazioni, che prevedono percentuali differenti della quota d’iscrizione dei pensionati, trattenute direttamente dall’INPGI e girate all’Unione. Altre Associazioni tacciono, altre dicono, appunto, di non fare polemiche. Esiste una situazione particolare in Lombardia, in cui è stata prevista la temporanea possibilità della doppia iscrizione: cioè, il pensionato che vuole essere iscritto a FNSI, Associazione e Unione versa lo 0,30% della pensione. Chi non è interessato all’Unione versa solo lo 0,15%. E’ una situazione in via di superamento: c’è un impegno in questo senso del vertice lombardo e l’accettazione pubblicamente espressa da Ciccio Abruzzo, il più feroce oppositore sia all’ unificazione della quota per i pensionati e, soprattutto, al finanziamento dell’Unione, al tempo in cui era potente (e prepotente) presidente dell’ Ordine. Questa evoluzione (io preferisco chiamarlo pentimento) di Ciccio mi fa particolarmente piacere, perché io non mi sono mosso di un centimetro, è lui che è arrivato alle nostre posizioni.
Per il resto, cioè per quanto riguarda l’area associativa che non ha ancora inteso adeguarsi alla norma vincolante, io ritengo che il processo debba compiersi entro il 2011. Abbiamo, in questo senso un preciso impegno del segretario Siddi (che, mi pare, al momento è l’unico rappresentante legale della FNSI) inteso al convincimento anche dei più riottosi. Credo che al prossimo Esecutivo che uscirà da questo congresso debba essere dato un completo e preciso mandato in questo senso, comprensivo del diritto di avvalersi di tutti gli strumenti lecitamente consentiti dalle norme democratiche vigenti.
Io ho finito. Con questa relazione termino il mio mandato che, con molta comprensione ma anche, permettetemelo, con qualche intelligenza, mi avete affidato. Auguro a tutti un buon congresso. Al prossimo congresso della FNSI, che comincerà appena finiremo noi, auguro altrettanto buon lavoro, con l’auspicio che sappia individuare al meglio il terreno su cui impegnarsi nel prossimo mandato e che sappia trovare, nella formazione del gruppo dirigente, quelle professionalità e quelle personalità che siano in grado di gestire il sindacato con intelligenza, preparazione e spirito di comprensione, evitando quegli errori di rozzezza, di presunzione e di cecità che troppo spesso aleggiano nel nostro mondo.
Viviamo tempi insicuri. Quello che è appena incominciato è forse uno degli anni più incerti dell’ ultimo decennio, che non passerà alla storia come un periodo di grande tranquillità. Iniziamo un anno, senza sapere come finirà, se si voterà a marzo o si tirerà avanti altri tre anni, se il governo è più forte o più debole di prima, se i massacri finanziari del ministro Tremonti saranno sufficienti o non serviranno a frenare la crisi italiana. Non sappiamo se alla Corte Costituzionale sono stati nominati austeri custodi della legalità, oppure allignano quindici golpisti eversori. Ondeggiamo fra la convinzione che alla Fiat sia stato raggiunto un accordo storico oppure che sia un drammatico ritorno agli anni ’50: Marchionne è l’ “americano a Roma” o il nipotino di Valletta? Non sappiamo neppure per quale precisa ragione debba essere stato il Presidente della Repubblica ad incontrare un gruppo di ragazzi un po’ arrabbiati e non il ministro della Pubblica Istruzione.
Insomma, il dubbio ( temo non cartesiano) ha un’ estensione praticamente universale: meno che sulle pensioni. Anzi, sulla riduzione del sistema previdenziale. Qui le certezze sono assolute. Il 2011 comincia con le “finestre” che allungano (oltre i 65 anni) il raggiungimento del periodo di godimento dell’ assegno di quiescenza. Premessa all’ applicazione delle regole sulle cosiddette “aspettative di vita”: cioè campi di più e per premiarti ti riducono l’assegno. Si continuerà con le dipendenti pubbliche, che arriveranno rapidamente ai 65 anni per smettere il lavoro, quasi sicuramente la prima tappa per giungere allo stesso traguardo anche per tutte le lavoratrici del settore privato.
Insomma, si andrà in pensione sempre più tardi (il traguardo dei settant’ anni è ormai a portata di mano) con sempre meno soldi e con una scarsa copertura dal processo inflativo. La Banca d’Italia rincara la dose e lancia il suo allarme, contenuto in un suo studio e ricavato dai dati offerti dalla Ragioneria dello Stato: la situazione è quella di un taglio drastico del cosiddetto “tasso di sostituzione”, cioè di quanta percentuale dello stipendio andrà a costituire la pensione. Ebbene, dice la Banca d’Italia, è già previsto che un lavoratore del settore privato che nel 2010 sarebbe andato in pensione con il 70 per cento dello stipendio, nel 2040 (a parità di requisiti contributivi) avrà soltanto il 52 per cento. Un taglio drastico dovuto soprattutto alla riforma dei cosiddetti coefficienti di trasformazione, adottata nel 2007, e resa operativa quest’ anno (ma non per i giornalisti) che modifica il meccanismo di calcolo della pensione e ne riduce l’importo. E’ una situazione, commenta lo studio della Banca d’Italia, che comporterà rischi non solo per il singolo pensionato, ma anche per la collettività che “dovrà farsi carico di interventi di natura assistenziale”.
Molti osservatori qualificati, però, hanno la netta convinzione che questi provvedimenti mentre contribuiscono certamente a mantenere in salvo il bilancio previdenziale, quindi a ridurre la spesa pubblica, trascinano con sé un rovescio della medaglia terribile: perché più vecchi si va in pensione, meno giovani entrano e più tardi nel mondo produttivo, più si estende il mondo del precariato. E nessuna moderna e complessa società industriale o postindustriale può salvarsi senza accelerare, anziché frenare il processo di ricambio generazionale, l’unico che può ampliare la base produttiva e quindi la produttività generale.
In altre parole, il sistema pubblico italiano, la finanza pubblica, reagiscono alla crisi internazionale difendendosi con atti in un certo senso di disperazione, che sottolineano, se ce ne fosse ancora bisogno, la gravità della situazione: riprendersi risorse dai vecchi, cioè da chi è arrivato alla fine della vita produttiva, senza offrirle ai giovani, che si vedono tagliati gli investimenti scolastici e ridotte le prospettive occupazionali, fare tutto ciò oltre un certo livello di compatibilità e di programmazione, può comportare conseguenze drammatiche. Anche perché (non solo in Italia) i vecchi improduttivi aumentano e i giovani che lavorano diminuiscono.
Nel complesso dei 27 Paesi che fanno parte dell’Unione europea esistono attualmente quatto persone in età lavorativa per ogni ultra sessantacinquenne. Una stima Eurostat rileva che i trend demografici e migratori faranno variare tale rapporto, fino a raggiungere, nel 2060, un valore dimezzato: due persone in età lavorativa ogni over 65. Più in dettaglio, Eurostat prevede che gli ultra sessantacinquenni passeranno dall’attuale 17,1 per cento della popolazione al 30 per cento nel 2060, mentre la percentuale degli ultraottantenni toccherà la quota del 12,1 per cento, contro il 4,4 per cento del 2008. Poiché la popolazione prevista in Europa per quell’anno sarà di 506 milioni (compresi gli immigrati) vuol dire che fra cinquant’ anni avremo in circolazione 61 milioni di aspiranti Matusalemme e che 300 milioni di gente che lavora dovrà mantenere, oltre ai propri figli (se li avrà) anche 150 milioni di collocati a riposo, con tutti i costi ed i problemi che ciò comporta.
L’ impressione è che di fronte a questi fenomeni macroscopici, la politica europea non riesca a vedere oltre il proprio naso: fate più figli e andate in pensione più tardi, dicono. Insomma, navigare a vista sperare in Dio e, in attesa del miracolo, segare la spesa previdenziale.
In casa nostra, cioè nel mondo del giornalismo, la situazione previdenziale (soggetta a molti dei provvedimenti determinati dal governo per la previdenza pubblica) non è scevra di problemi, per fortuna non ancora drammatici, ma ha bisogno di interventi decisivi, abbastanza rapidi e, purtroppo, non tutti indolori.
Il bilancio attuariale dell’INPGI reso noto in autunno ed approvato dal Cda prevede la massima espansione della “gobba”, cioè un buco finanziario insostenibile, per il 2040, per evitare il quale, o meglio per evitare il commissariamento dell’ente in mancanza dell’adozione dei provvedimenti necessari ad impedirlo, entro la metà del 2011 dovranno essere adottate dal Cda decisioni operative per aumentare le entrate e ridurre le prestazioni. Le ipotesi principali su cui si lavora sono due: crescita di tre punti dei contributi versati dagli editori ed aumento a 65 anni dell’età pensionabile delle giornaliste. Il tutto con le gradualità che saranno ritenute più confacenti al raggiungimento dell’obiettivo. Naturalmente i due provvedimenti non sono né paritetici né paragonabili, perché le colleghe saranno, comunque, penalizzate, mentre gli editori continueranno nel vantaggio, sia pure ridotto, di versare meno contributi (almeno tre punti) di quanto versano all’INPS tutti gli altri imprenditori e di quanto versano gli stessi editori per i loro dipendenti non giornalisti. Ma questo “punto di equilibrio”, chiamiamolo così, è voluto, oltre che dagli editori, anche dalla stessa FNSI, i cui dirigenti temono un risultato negativo dal prossimo contratto economico qualora gli editori dovessero versare per intero all’INPGI quanto spetta loro. Si può quindi ragionevolmente sostenere che le colleghe pensionate prossime venture sono, in una certa misura vittime di una coincidenza di interesse delle cosiddette parti sociali. Su tutto ciò, sono sicuro, si soffermerà con molta più autorevolezza di me il presidente Camporese nel suo intervento quando verrà a trovarci. Di mio posso solo aggiungere un convincimento personale: quello di non volermi annoverare fra coloro che, dopo aver tirato un po’ di molotov (o più semplicemente di sassi) quando erano giovani, adesso si sono ritirati nelle schiere di quanti sostengono che “tutta la colpa è del ‘68”, magari senza neppure averlo vissuto. Sono come quelli che, magari solo per difendere la loro pancia piena davanti all’ ira di qualche affamato sostenevano che la “colpa è tutta di Voltaire”. Io credo che certe decisioni, come lo Statuto dei diritti dei lavoratori o le riforme delle pensione, adottate 30 o 40 anni fa sono state sacrosante: semmai è chi è venuto dopo e c’è ancora oggi che non ha saputo , o non ha voluto, compiere le azioni di risanamento della finanza pubblica, facendo pagare il dovuto a tutti e non solo ai lavoratori a reddito fisso.
In attesa (chi lo sa mai!) di ripensamenti operosi che, nei prossimi decenni, magari favoriti da risanamenti della finanza pubblica e dall’adozione di sistemi di tassazione più confacenti a Paesi di alta modernità, possano invertire la tendenza punitiva verso i pensionati, noi giornalisti abbiamo di che essere soddisfatti di quanto stiamo realizzando: la creazione e la gestione del Fondo di perequazione delle pensioni contenuto nell’ ultimo contratto. Il vero valore aggiunto di un accordo sostanzialmente difensivo, che ha un preciso significato positivo, quello di essere stato firmato a più di quattro anni dalla scadenza naturale da un sindacato che ha dimostrato, nel tempo, di soffrire di qualche deficit di ossigenazione.
Dobbiamo, tuttavia, dirci con sincerità alcune cose precise, cercando di non abbandonarci fra noi a pericolosi equivoci. Questo Fondo è stato voluto con tenace determinazione dall’Unione pensionati: è entrato nella piattaforma contrattuale soprattutto perché abbiamo rotto le scatole alla FNSI, è stato recepito nell’accordo con gli editori anche, ma forse dovrei dire soprattutto, perché negli anni di vacanza contrattuale non abbiamo mollato un millimetro sulla sua necessità e poi, perché un solo dirigente della FNSI, ripeto, uno solo, ci ha creduto e l’ha difeso di fronte agli editori, quando molti altri “ragazzi” della Giunta federale lo avrebbero tranquillamente mollato di fronte a qualche altro beneficio da parte degli editori: costui è il segretario Siddi. Solo lui e, ripeto, nessun altro.
Ora, siccome le sconfitte sono orfane e le vittorie hanno più padri dei funghi che si trovano in Val Taro, adesso ci sono parecchi “maestri” di sindacalismo che, dopo aver scoperto che il Fondo è un bel giocattolino (a un anno dalla sua entrata in funzione ha accumulato più di 800 mila euro) si fanno avanti, si vantano di conquiste che non sono da ascrivere a loro merito e, comunque, ci spiegano quello che dobbiamo fare, come, dove e quando. Io dico solo questo: il Fondo è un istituto che vale per tutti i pensionati, quelli di oggi e, soprattutto, quelli del futuro. E’ dei pensionati e di nessun altro: deve essere gestito, in termini di equità e di saggezza dalla FNSI e dall’INPGI, come previsto dalla norma contrattuale, con la partecipazione attiva dell’ UNGP (così ci è stato garantito dal segretario Siddi). Per questo non deve prevedere né forzature, né prevalenze e neppure forme che assomigliano a dictat gestionali. La sua istituzione, su iniziativa e richiesta dell’INPGI, è stata approvata dal Ministero del Lavoro (uno dei Ministeri vigilanti sull’Istituto) e quindi il Fondo ha assunto una valenza che supera la mera norma contrattuale.
Non ha ancora, a un anno dalla sua attivazione, un regolamento di gestione: la responsabilità del ritardo è da ascrivere esclusivamente alla Giunta della FNSI. Al testo del regolamento hanno fattivamente contribuito, in fase di correzione e miglioramento funzionale della stesura iniziale ad opera degli uffici dell’INPGI, l’ ignobile presidente che vi parla, insieme al vice presidente Antonio De Vito e, in larga misura, al collega Francesco Brozzu. Tuttavia, il testo approvato dalla Giunta della FNSI non corrisponde completamente alla necessità di gestione equilibrata e saggia di cui abbiamo parlato prima e necessita a mio avviso, ma non solo mio, di alcuni cambiamenti, senza i quali diventerà molto difficile un tranquillo passaggio ratificatorio da parte dell’INPGI.
Al di là del Fondo di perequazione e più in generale sul rapporto fra FNSI e Unione pensionati, mi sento di dover ribadire alcuni concetti elementari che dovrebbero essere arcinoti, ma che spesso vengono dimenticati. Noi rispettiamo, abbiamo sempre rispettato la Federazione, spesso senza ricevere altrettanto rispetto. Noi siamo dentro la FNSI, ma siamo autonomi da essa perché è lo statuto del sindacato che lo prevede: anzi, potremmo dire che ci obbliga ad esserlo, come sono autonome le Associazioni o l’ Usigrai. Abbiamo cercato di vivere con dignità in questo binomio unità-autonomia, rivendicando sempre il nostro ruolo istituzionale di prioritaria difesa dell’interesse dei pensionati (altrimenti che ci staremmo a fare?) senza ledere alcun altro interesse legittimo: lo abbiamo fatto talvolta con dolcezza, spesso con durezza perché ci siamo scontrati con ottusità e prepotenze inaccettabili. Abbiamo cercato sempre di non dare spazio a correnti, consorzi, conventicole, coordinamenti (tutti organismi statutariamente inesistenti) rifiutando di essere telecomandati da piccoli boss sindacali. Mi accorgo, tuttavia, che alcuni non l’hanno ancora compreso.
Abbiamo sempre giudicato in autonomia, ed espresso liberamente i nostri giudizi, sulle scelte della FNSI e sui risultati delle sue azioni sindacali. Abbiamo giudicato positivamente e globalmente il contratto, pur con tutti i limiti che ha rivelato: lo abbiamo detto ed abbiamo invitato i pensionati ad approvarlo nel referendum. I pochi che sono andati a votare ci hanno confortato perché il sì è stato molto elevato. Abbiamo giudicato molto positivamente l’azione svolta dalla FNSI (in particolare l’impegno del presidente Natale e del segretario Siddi) per affossare la “legge bavaglio”, la capacità che ha dimostrato il sindacato di tessere le alleanze politiche e sociali che sono state in grado di raggiungere uno straordinario successo.
Per questo nostro sforzo di giudicare senza pregiudizio, abbiamo il diritto di pretendere che vengano ascoltate anche lo nostre critiche e comprese le nostre decisioni che spesso hanno contrastato logiche di corrente e di consorteria. Mi riferisco in particolare alle scelte per le elezioni degli organismi dirigenti dell’ INPGI e della Casagit che hanno portato a risultati non proprio confacenti alle previsioni (sia di scontro che di spartizione) della vigilia. Il risultato oggi è che, sia all’INPGI che alla Casagit (per qual che può essere utile ai pensionati) la presenza ed il peso dell’Unione è maggiore e più autorevole.
Quel che mi sento di aggiungere, infine, alla FNSI (anzi dovrei dire alle FNSI, perché mai come ora questo nostro sindacato mi appare frantumato e diviso) è di stare molto attenti a non considerare esaurita la propria azione nella doverosa difesa del lavoro precario e di chi ne è vittima.
Come ha ben detto il Presidente della Repubblica pochi giorni fa, ai giovani non vanno date “certezze”, perché nessuno di noi è in grado di farlo, ma “possibilità”: a loro non serve demagogico assistenzialismo ma prospettive reali e realizzabili. Credo, quindi, che nostro compito non sia quello del paternalismo o degli insulsi documenti che tutti il giorno dopo dimenticano. Credo invece che debba essere compiuto un grande sforzo, che la FNSI compia un grande sforzo per invertire la rotta, per sfidare gli editori sulla qualità e la libertà dell’ informazione che possono essere garantite soprattutto da una maggiore stabilità del lavoro, premessa indispensabile di una crescita culturale e professionale dei più giovani colleghi della quale si sente oggi l’estrema necessità. Spesso, purtroppo, dobbiamo constatare che ad una scarsa remunerazione del lavoro giornalistico, ad un’ insufficiente o inesistente sbocco professionale, corrisponde un troppo basso livello del prodotto finale. E’ una sfida, cari amici dirigenti della FNSI: anzi è “la sfida” dei prossimi anni. E la vostra capacità, anzi la capacità di sopravvivenza del nostro sindacato, si misurerà sui risultati di questa sfida. Tutto il resto sono chiacchiere di chi sa solo navigare sotto costa ed ha paura di qualche ondina.
Un altro tema sul quale scarsa, per non dire inesistente, è l’attenzione del sindacato (non solo dei giornalisti) è quello dell’ imposizione fiscale sul lavoro dipendente e sulle pensioni. Ha scritto recentemente Pierre Carniti sulla rivista di critica sociale “Eguaglianza e libertà”: “Il punto è che l’ Irpef da imposta sul reddito delle persone fisiche, si è di fatto tramutata in imposta specifica su salari e pensioni. Qualche dato può servire a rinfrescare la memoria dei più distratti. L’incremento del prelievo fiscale su salari e stipendi negli ultimi due decenni è stato impressionante. Sale infatti dal 40 ad oltre il 60 per cento delle entrate totali Irpef. Mentre per i redditi non da lavoro dipendente si riduce dal 37 a meno del 10 per cento. Questo è successo mentre la quota del lavoro dipendente sul totale del Pil è diminuita, passando dal 66 al 53 per cento. In altre parole, significa che, mentre i redditi da lavoro calavano costantemente come quota del reddito nazionale, il prelievo su di loro è continuamente aumentato. In compenso gli altri redditi, sebbene in costante crescita, hanno pagato sempre di meno. Del resto – continua Carniti – i dati tributari parlano da soli. Lo scorso anno le entrate Irpef sono state pari a 146 miliardi di euro, comprese le addizionali comunali e regionali. Di questi miliardi i lavoratori dipendenti ne hanno pagati 88,5, i pensionati 44,5. Per differenza si deduce che tutti gli altri (imprenditori grandi e piccoli, professionisti, commercianti ed autonomi) hanno pagato solo 13 miliardi. Ne consegue che l’Irpef è pagata per il 60,6 per cento dai lavoratori dipendenti , per il 30,4 per cento dai pensionati e solo per il 9 per cento da tutti gli altri.”
Ora io non mi soffermo sulle ricette per guarire questa malattia tutta italiana che ne fa uno dei tanti suoi primati negativi: si conoscono ma non si vogliono prescrivere, anzi si inventano simpatiche trovate come il “federalismo fiscale” che serve solo per ridurre le imposte a tutti coloro che nel Nord già ne pagano poche per trasferirle a chi sta nel Sud, magari con una bella spalmatine sulle spalle di quegli operai della Fiat che per tirare la carretta dovranno lavorare come negri. Quello che sorprende è la sostanziale indifferenza sindacale, insieme ad una certa imbarazzata acquiescenza dei partiti della cosiddetta “sinistra” (almeno una volta si chiamava così).
Perché la FNSI non se ne fa carico? Quando vuole riesce a collocarsi al centro dell’attenzione politica. Perché non entra nel fumoso e stanco dibattito attorno ai destini della maggioranza di governo ed a quello personale di Silvio Berlusconi per non dire la verità sul prezzo che tutti dovremo pagare alla Lega per non andare subito alle elezioni, cioè l’avvio di un colossale e scandaloso trasferimento di massicce risorse al Nord e di tassazioni a Sud? Non crea preoccupazione questo ulteriore pesante colpo allo sfasciamento del Paese? Siamo fermi alla libertà di stampa: tutto il resto non ci interessa? E la controparte sociale, siamo sicuri che non sia coinvolgibile in un serio discorso che misuri forze politiche e acquisizione del consenso sociale per trasferire alle forme parassitarie della rendita il livello di tassazione esistente in Europa, a vantaggio del lavoro e del profitto? Mi piacerebbe conoscere la risposta, prima di dover leggere il prossimo, sconfortante articolo di Carniti: uno che, comunque, quando lo faceva, il leader sindacale lo sapeva fare. Ma quelli, al contrario di oggi, erano tempi in cui unità e autonomia dei sindacati dai partiti e dai poteri economici erano valori ampiamente condivisi e spesi all’unico scopo di difendere l’interesse dei lavoratori: non di questo o di quello, ma “dei lavoratori tutti”.
Poche parole voglio dedicare alla Casagit: l’Unione ha dato un contributo (e non da poco) al cambiamento del suo gruppo dirigente. Non me ne pento, anche se ciò, come al solito, ha comportato parecchi mal di pancia e l’ accusa personale, pensate un po’, di non aver rispettate le logiche di corrente. Ho staccato il telecomando e ne sono estremamente felice. Ora l’ ente ha risanato i bilanci ed ha cominciato a camminare con molta più sicurezza. Anche di questo sono molto felice, così come sono sicuro che il presidente Cerrato ed i suoi consiglieri si ricorderanno che i più affezionati e fedeli fruitori della Casagit sono gli anziani come noi e che i loro bisogni possono essere soddisfatti con intelligenza andando al cuore dei problemi, senza disperdere l’assistenza sanitaria in mille rivoli, spesso costosi e infruttuosi.
Per quanto riguarda l’Ordine ho smesso da tempo, purtroppo, di sognare l’Ordine che vorrei. Mi accontenterei, anch’ io delle riforme realisticamente possibili, anche se il tempo che passa inutilmente rischia di trasformarlo in un carrozzone ingestibile. Voglio solo notare che le recenti elezioni del vertice nazionale hanno, anche qui, visto il clamoroso fallimento degli “ordini di scuderia” a favore di soluzioni che alla vigilia sarebbero apparse assolutamente imprevedibili e che, a mio avviso, rendono invece del tutto interessante l’ attenzione sulla sua attività e sul suo futuro.
Vorrei solo esprimere il mio apprezzamento per il gesto, giuridicamente e simbolicamente, più importante realizzato nel corso del mandato appena iniziato che è la conferma del provvedimento di primo grado nei confronti del direttore del Giornale, Vittorio Feltri, sia pure con una riduzione di “pena”. E vorrei, inoltre, esprimere tutto il mio sconcerto di fronte a reazioni di critica, a cavallo tra i farisei e le tricoteuses davanti alla ghigliottina, per la diminuzione della sanzione. Il valore di questa pronuncia non si misura sulla quantità, ma sul fatto che la condivisione della censura è stata praticamente unanime. Ed anche questo non era assolutamente scontato.
E veniamo ora alla nostra Unione, al suo futuro, ai suoi obiettivi, al suo rinnovamento. Io sono convinto che, sia pure con difficoltà e tempi di lunghezza incalcolabile, nel corso del mandato che si conclude oggi l’ UNGP sia riuscita a far compiere passi avanti molto importanti su questioni che toccano l’interesse dei giornalisti pensionati. Del Fondo di perequazione delle pensioni ho già ampiamente parlato. Resta da dire qualcosa sul cumulo fra pensione ed altri redditi da lavoro e sulla quota d’iscrizione al sindacato da riservare all’ Unione.
La quota di pensione esente dalle norme sul cumulo, grazie anche al lavoro compiuto dall’ UNGP, è stata elevata dall’INPGI lo scorso anno ed è passata da circa 8 mila ad oltre 20 mila euro. E’ un bel passo avanti ma non ancora sufficiente. Io credo che, nel 2011, o comunque entro la fine del mandato del Consiglio di amministrazione dell’INPGI tale cumulo vada completamente abolito. E’ un impegno che si siamo proposti quando è stato rinnovato il vertice del nostro istituto previdenziale, che ha ottenuto, in sede di votazioni, un vastissimo consenso fra i pensionati. E’ una norma antiquata (esistente solo ed esclusivamente per il nostro ente) che, ipocritamente, viene venduta come un provvedimento che, frenando il ricorso al lavoro dei pensionati, stimola, invece, l’aumento dell’occupazione giovanile.
Se si pon mente a quanto è avvenuto negli ultimi due anni ci si accorge che questa argomentazione non regge. La crisi editoriale nel biennio trascorso ha causato centinaia di espulsioni definitive per prepensionamento ed altre (in attesa di diventare definitive) per cassa integrazione. Chi è uscito (o sta uscendo dal mondo del lavoro) non è stato sostituito se non in misura trascurabile Le norme sul cumulo sono state indifferenti a questo drammatico processo che ha ubbidito a logiche strutturali dell’editoria e che non poteva essere minimamente controllato da regole che, al massimo, esprimono buone o lodevoli intenzioni. Nemmeno il cumulo può essere considerato un fabbricatore di risparmio per l’INPGI, il quale, come sappiamo, ha bisogno di ben altro che delle briciole per durare nel tempo.
Qual è allora la ragione per mantenere il cumulo, fra l’altro ampiamente eluso da accordi aziendali stilati spesso con il consenso esplicito delle Associazioni regionali, e che, quasi sempre, si riduce a punire quegli sfigati a cui può non bastare la pensione e che non possono evitare di nascondere altri redditi? Nessuno lo sa dire, se non mascherandosi ancora dietro la frase fatta dello “spazio ai giovani”, spazio oggi purtroppo quasi inesistente. Per quanto riguarda l’accusa di utilizzo improprio del pensionato in mansioni che dovrebbero essere riservate solo a lavoratori dipendenti (mettiamo il caso del redattore capo che va in quiescenza e continua a dirigere la redazione, il che, però è sindacalmente sgradevole ma non illegittimo) io credo che il problema potrebbe essere superato attraverso accordi sindacali in cui la parte editoriale si impegna al corretto utilizzo del giornalista pensionato che non leda interessi ed aspettative altrui, ma senza generalizzazioni demagogiche e inconcludenti. Invito la FNSI a prendere in considerazione queste proposte, che se realizzate potrebbero anche essere sottoposte al controllo ispettivo dell’ INPGI. E insieme la invito a non frapporre più alcun ostacolo all’abolizione del cumulo. La invito e l’attendo a questa prova di saggezza e responsabilità. Infine, la quota d’iscrizione al sindacato di spettanza all’ Unione ed il completamento del processo di autonomia finanziaria dell’UNGP . Non è un pallino maniacale, ma un preciso diritto/dovere, esistente da 12 anni, contenuto nello statuto dell’Unione reso valido dall’ approvazione del Consiglio nazionale della FNSI. Ma quando parli di queste cose, trovi sempre qualche furbetto (sordo od ottuso è la stessa cosa) che cerca di parlar d’altro (credo che la FNSI abbia instaurato una scuola speciale in elusione mentale) che ti dice di non fare sterili polemiche.
Per farla in breve, esistono oggi intese variegate fra l’UNGP e cinque Associazioni, che prevedono percentuali differenti della quota d’iscrizione dei pensionati, trattenute direttamente dall’INPGI e girate all’Unione. Altre Associazioni tacciono, altre dicono, appunto, di non fare polemiche. Esiste una situazione particolare in Lombardia, in cui è stata prevista la temporanea possibilità della doppia iscrizione: cioè, il pensionato che vuole essere iscritto a FNSI, Associazione e Unione versa lo 0,30% della pensione. Chi non è interessato all’Unione versa solo lo 0,15%. E’ una situazione in via di superamento: c’è un impegno in questo senso del vertice lombardo e l’accettazione pubblicamente espressa da Ciccio Abruzzo, il più feroce oppositore sia all’ unificazione della quota per i pensionati e, soprattutto, al finanziamento dell’Unione, al tempo in cui era potente (e prepotente) presidente dell’ Ordine. Questa evoluzione (io preferisco chiamarlo pentimento) di Ciccio mi fa particolarmente piacere, perché io non mi sono mosso di un centimetro, è lui che è arrivato alle nostre posizioni.
Per il resto, cioè per quanto riguarda l’area associativa che non ha ancora inteso adeguarsi alla norma vincolante, io ritengo che il processo debba compiersi entro il 2011. Abbiamo, in questo senso un preciso impegno del segretario Siddi (che, mi pare, al momento è l’unico rappresentante legale della FNSI) inteso al convincimento anche dei più riottosi. Credo che al prossimo Esecutivo che uscirà da questo congresso debba essere dato un completo e preciso mandato in questo senso, comprensivo del diritto di avvalersi di tutti gli strumenti lecitamente consentiti dalle norme democratiche vigenti.
Io ho finito. Con questa relazione termino il mio mandato che, con molta comprensione ma anche, permettetemelo, con qualche intelligenza, mi avete affidato. Auguro a tutti un buon congresso. Al prossimo congresso della FNSI, che comincerà appena finiremo noi, auguro altrettanto buon lavoro, con l’auspicio che sappia individuare al meglio il terreno su cui impegnarsi nel prossimo mandato e che sappia trovare, nella formazione del gruppo dirigente, quelle professionalità e quelle personalità che siano in grado di gestire il sindacato con intelligenza, preparazione e spirito di comprensione, evitando quegli errori di rozzezza, di presunzione e di cecità che troppo spesso aleggiano nel nostro mondo.
sabato 8 gennaio 2011
Siddi: molti editori hanno investito solo sulle rotative
(Da Italia Oggi, sabato 17 gennaio 2011, pag. 17)
Il segretario della Fnsi fa il punto alla vigilia del Congresso di Bergamo. E bacchetta anche i giornalisti
Troppe rotative ormai sul groppone
Siddi: col boom molti editori hanno investito solo sulle macchine
di CLAUDIO PIAZZOTTA
Martedì 17 gennaio si apre a Bergamo il 26esimo Congresso nazionale della Fnsi, sindacato unico dei giornalisti. In un momento difficile per la categoria, e ricco di contraddizioni. Per esempio, le critiche della Fnsi al gruppo Fiat per gli accordi di Pomigliano o di Mirafiori, gruppo che però è assolutamente gradito come sponsor del Congresso di Bergamo. 0, ancora, le polemiche contro gli editori che hanno investito gli utili in rotative (e non sulla formazione del personale) quando già - dieci anni fa si capiva che l'informazione andava verso il digitale, e, di contro, la difesa di quei giornalisti che vogliono autista e macchina aziendale per arrivare prima della concorrenza sul luogo di un delitto. La Fnsi, tuttavia, ha un terreno comune sul quale lavorare con le parti: «Perché è nostro interesse la salute degli editori, delle imprese, dei bilanci», dice Franco Siddi, segretario nazionale della Fnsi.
Domanda. Segretario, il convegno di apertura del Congresso si intitola «Giornalismo e editoria, in linea diretta con il futuro». Pero, a parlarne, saranno Fedele Confalonieri (classe 1937), Carlo De Benedetti (classe 1934) e Piergaetano Marchetti (classe 1939). Insomma, il
futuro è in mano agli ultra 70enni anche per il sindacato unico dei giornalisti?
Risposta. Bisogna ammetterlo, l'Italia che regge è questa. E sono sicuro che la loro esperienza aiuterà a dare segnali di razionalità a un paese che diventa ogni giorno più schizofrenico.
D. Lei ha avuto parole dure contro la Fiat, che fa accordi antisindacali e poi vola in Borsa, con gravi costi sociali per i lavoratori e le famiglie … Come mai Fiat è tra gli sponsor del Congresso Fnsi di Bergamo?
R. Direi che ormai siamo tutti maggiorenni e vaccinati quanto a rapporti con la pubblicità e il marketing. Anche la Fnsi è entrata in quella logica, laicamente. Fare i congressi, fare sindacato ha dei costi molto alti. Negli ultimi tre anni la Fnsi ha seguito 580 vertenze sindacali. E questo costa parecchi euro. I giornalisti vanno in prepensionamento, le quote versate al sindacato diminuiscono. A Bergamo arriveranno circa 500 delegati, per quattro giorni, a 120 euro al giorno solo per l'albergo. Sono 240 mila euro, cui aggiungere i costi di ufficio stampa, streaming, pubblicazioni, pranzi e cene. Abbiamo trovato un aiuto da primari gruppi nazionali. Ciascuno verserà poche migliaia di euro, non c'è nessuno che copre fette rilevanti e può pretendere qualcosa. E, va detto, non c'è nessuno sponsor che ha preteso di controllare qualcosa.
D. A moderare il convegno con De Benedetti, Confalonieri e co. ci saranno Stefano Folli e Tiziana Ferrario. La scelta della Ferrario, in conflitto sindacale con il Tgl di Augusto Minzolini, non è casuale, vero?
R. Abbiamo scelto due grandi professionisti, tra i migliori in circolazione, non degli urlatori che vendono piatti alle fiere di paese. Sono due persone civili e moderate. Ovviamente la Fnsi sta dalla parte della Ferrario. Questo, tuttavia, non significa che la Fnsi vuole che siano i giudici a decidere cosa debba fare un giornalista.
D. Ma un direttore non può chiedere a una sua giornalista sta di lasciare la conduzione di un Tg dopo più di 20 anni in video?
R. Certo. Ma i cambiamenti vanno fatti entro i confini indicati dalla legge e dai contratti. Un giornalista smette di fare certe cose, ma va a farne altre con pari dignità. La Rai ha perso la causa in tribunale proprio perché ha rimosso la Ferrario dalla conduzione senza indicare alternative. E il giudice, allora, ha deciso che lei dovesse tornare a fare quello che faceva prima, ma solo perché mancavano proposte alternative dalla Rai.
D. Questo rientra un po' nella polemica di Fnsi con le televisioni che vogliono eliminare dal video i giornalisti dopo una certa età?
R. Beh, ho già denunciato (anche su ItaliaOggi, ndr) che, per esempio, Sky ci sta chiedendo un po' troppo. Pretende di fare contratti a termine della durata di sei anni. Ma una azienda seria capisce, dopo un paio di anni, se la professionalità di quel giornalista interessa o meno. Invece molte tv assoldano giovani di bella presenza e belle speranze, li sfruttano negli anni di maggiore entusiasmo, e poi, quando invecchiano e non sono più interessanti per il video li lasciano a casa. Questo non va bene.
D. Un messaggio che intende lanciare agli editori?
R. Devono capire che non si possono tagliare solo i giornalisti.
D. Però esistono posizioni di privilegio, non trova? Che ne pensa dei giornalisti del Corriere della Sera, che chiedono autisti privati per arrivare, in automobile, prima della concorrenza sul luogo di un delitto? Non le sembra un approccio fuori dal tempo?
R. Non entro nel merito, c'è una trattativa aziendale, e ciascuno conosce le risorse sulle quali può contare. Il contratto collettivo nazionale, che compie 100 anni, fissa dei principi universali. Il resto dipende dalle aziende. Che negli ultimi 15 anni hanno fatto un grande errore ...
D. Cioè?
R. Non hanno approfittato del boom della pubblicità, dei grandi utili, per investire sugli uomini, sulla formazione del personale. Invece hanno investito ingenti risorse su macchine, rotative, anche quando era chiaro che il futuro andava da altre parti. Ora se ne stanno accorgendo. Per esempio Repubblica ha chiuso un po' di tipografie. Ma siamo in ritardo.
D. Però nelle redazioni ci sono sacche di pigrizia, di voglia di non cambiare, di crogiolarsi sui privilegi del bel tempo che fu, di guardare con distacco alla multimedialità, non crede?
R. Sono d'accordo. Secondo me la forza lavoro giornalistica può rimanere la stessa di cinque anni fa, ma non può più essere distribuita come cinque anni fa. Al convegno avremo la testimonianza di Jean Martin, presidente società dei lettori di Le Monde. Una testimonianza chiara degli errori da non compiere: Le Monde voleva sviluppare l'online. I giornalisti della carta stampata non accettarono di lavorare per il sito, la casa editrice dovette assumere una redazione ad hoc per l'online, i bilanci andarono male e un anno dopo Le Monde ha dovuto licenziare 110 giornalisti della carta stampata.
D. La crisi non è finita, e, dopo i 640 degli ultimi due anni, stanno per arrivare nuovi pre-pensionamenti ...
R. Credo di sì, soprattutto nei periodici e nell'emittenza locale. La prima crisi dell'anno è quella al quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno. Che era già entrato in crisi tre anni fa. Questo sta a dimostrare che non basta tagliare i giornalisti. Serve un ripensamento del modello di business. Se si taglia e basta, il prodotto perde di appeal, si svilisce, e le vendite crollano. Il problema è che spesso gli stessi imprenditori non hanno un modello di sviluppo a lungo termine. Puritano a vendere la società, e tagliano i giornalisti per rendere l'azienda più snella e appetibile.
-© Riproduzione riservata-
Il segretario della Fnsi fa il punto alla vigilia del Congresso di Bergamo. E bacchetta anche i giornalisti
Troppe rotative ormai sul groppone
Siddi: col boom molti editori hanno investito solo sulle macchine
di CLAUDIO PIAZZOTTA
Martedì 17 gennaio si apre a Bergamo il 26esimo Congresso nazionale della Fnsi, sindacato unico dei giornalisti. In un momento difficile per la categoria, e ricco di contraddizioni. Per esempio, le critiche della Fnsi al gruppo Fiat per gli accordi di Pomigliano o di Mirafiori, gruppo che però è assolutamente gradito come sponsor del Congresso di Bergamo. 0, ancora, le polemiche contro gli editori che hanno investito gli utili in rotative (e non sulla formazione del personale) quando già - dieci anni fa si capiva che l'informazione andava verso il digitale, e, di contro, la difesa di quei giornalisti che vogliono autista e macchina aziendale per arrivare prima della concorrenza sul luogo di un delitto. La Fnsi, tuttavia, ha un terreno comune sul quale lavorare con le parti: «Perché è nostro interesse la salute degli editori, delle imprese, dei bilanci», dice Franco Siddi, segretario nazionale della Fnsi.
Domanda. Segretario, il convegno di apertura del Congresso si intitola «Giornalismo e editoria, in linea diretta con il futuro». Pero, a parlarne, saranno Fedele Confalonieri (classe 1937), Carlo De Benedetti (classe 1934) e Piergaetano Marchetti (classe 1939). Insomma, il
futuro è in mano agli ultra 70enni anche per il sindacato unico dei giornalisti?
Risposta. Bisogna ammetterlo, l'Italia che regge è questa. E sono sicuro che la loro esperienza aiuterà a dare segnali di razionalità a un paese che diventa ogni giorno più schizofrenico.
D. Lei ha avuto parole dure contro la Fiat, che fa accordi antisindacali e poi vola in Borsa, con gravi costi sociali per i lavoratori e le famiglie … Come mai Fiat è tra gli sponsor del Congresso Fnsi di Bergamo?
R. Direi che ormai siamo tutti maggiorenni e vaccinati quanto a rapporti con la pubblicità e il marketing. Anche la Fnsi è entrata in quella logica, laicamente. Fare i congressi, fare sindacato ha dei costi molto alti. Negli ultimi tre anni la Fnsi ha seguito 580 vertenze sindacali. E questo costa parecchi euro. I giornalisti vanno in prepensionamento, le quote versate al sindacato diminuiscono. A Bergamo arriveranno circa 500 delegati, per quattro giorni, a 120 euro al giorno solo per l'albergo. Sono 240 mila euro, cui aggiungere i costi di ufficio stampa, streaming, pubblicazioni, pranzi e cene. Abbiamo trovato un aiuto da primari gruppi nazionali. Ciascuno verserà poche migliaia di euro, non c'è nessuno che copre fette rilevanti e può pretendere qualcosa. E, va detto, non c'è nessuno sponsor che ha preteso di controllare qualcosa.
D. A moderare il convegno con De Benedetti, Confalonieri e co. ci saranno Stefano Folli e Tiziana Ferrario. La scelta della Ferrario, in conflitto sindacale con il Tgl di Augusto Minzolini, non è casuale, vero?
R. Abbiamo scelto due grandi professionisti, tra i migliori in circolazione, non degli urlatori che vendono piatti alle fiere di paese. Sono due persone civili e moderate. Ovviamente la Fnsi sta dalla parte della Ferrario. Questo, tuttavia, non significa che la Fnsi vuole che siano i giudici a decidere cosa debba fare un giornalista.
D. Ma un direttore non può chiedere a una sua giornalista sta di lasciare la conduzione di un Tg dopo più di 20 anni in video?
R. Certo. Ma i cambiamenti vanno fatti entro i confini indicati dalla legge e dai contratti. Un giornalista smette di fare certe cose, ma va a farne altre con pari dignità. La Rai ha perso la causa in tribunale proprio perché ha rimosso la Ferrario dalla conduzione senza indicare alternative. E il giudice, allora, ha deciso che lei dovesse tornare a fare quello che faceva prima, ma solo perché mancavano proposte alternative dalla Rai.
D. Questo rientra un po' nella polemica di Fnsi con le televisioni che vogliono eliminare dal video i giornalisti dopo una certa età?
R. Beh, ho già denunciato (anche su ItaliaOggi, ndr) che, per esempio, Sky ci sta chiedendo un po' troppo. Pretende di fare contratti a termine della durata di sei anni. Ma una azienda seria capisce, dopo un paio di anni, se la professionalità di quel giornalista interessa o meno. Invece molte tv assoldano giovani di bella presenza e belle speranze, li sfruttano negli anni di maggiore entusiasmo, e poi, quando invecchiano e non sono più interessanti per il video li lasciano a casa. Questo non va bene.
D. Un messaggio che intende lanciare agli editori?
R. Devono capire che non si possono tagliare solo i giornalisti.
D. Però esistono posizioni di privilegio, non trova? Che ne pensa dei giornalisti del Corriere della Sera, che chiedono autisti privati per arrivare, in automobile, prima della concorrenza sul luogo di un delitto? Non le sembra un approccio fuori dal tempo?
R. Non entro nel merito, c'è una trattativa aziendale, e ciascuno conosce le risorse sulle quali può contare. Il contratto collettivo nazionale, che compie 100 anni, fissa dei principi universali. Il resto dipende dalle aziende. Che negli ultimi 15 anni hanno fatto un grande errore ...
D. Cioè?
R. Non hanno approfittato del boom della pubblicità, dei grandi utili, per investire sugli uomini, sulla formazione del personale. Invece hanno investito ingenti risorse su macchine, rotative, anche quando era chiaro che il futuro andava da altre parti. Ora se ne stanno accorgendo. Per esempio Repubblica ha chiuso un po' di tipografie. Ma siamo in ritardo.
D. Però nelle redazioni ci sono sacche di pigrizia, di voglia di non cambiare, di crogiolarsi sui privilegi del bel tempo che fu, di guardare con distacco alla multimedialità, non crede?
R. Sono d'accordo. Secondo me la forza lavoro giornalistica può rimanere la stessa di cinque anni fa, ma non può più essere distribuita come cinque anni fa. Al convegno avremo la testimonianza di Jean Martin, presidente società dei lettori di Le Monde. Una testimonianza chiara degli errori da non compiere: Le Monde voleva sviluppare l'online. I giornalisti della carta stampata non accettarono di lavorare per il sito, la casa editrice dovette assumere una redazione ad hoc per l'online, i bilanci andarono male e un anno dopo Le Monde ha dovuto licenziare 110 giornalisti della carta stampata.
D. La crisi non è finita, e, dopo i 640 degli ultimi due anni, stanno per arrivare nuovi pre-pensionamenti ...
R. Credo di sì, soprattutto nei periodici e nell'emittenza locale. La prima crisi dell'anno è quella al quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno. Che era già entrato in crisi tre anni fa. Questo sta a dimostrare che non basta tagliare i giornalisti. Serve un ripensamento del modello di business. Se si taglia e basta, il prodotto perde di appeal, si svilisce, e le vendite crollano. Il problema è che spesso gli stessi imprenditori non hanno un modello di sviluppo a lungo termine. Puritano a vendere la società, e tagliano i giornalisti per rendere l'azienda più snella e appetibile.
-© Riproduzione riservata-
BERGAMO CAPITALE DELL'INFORMAZIONE
(Da Eco di Bergamo - martedì 04 Gennaio 2011 CRONACA Pagina 19)
L'intervista. Paolo Perucchini
«Informazione libera
Decisiva la qualità»
Paolo Perucchini è giornalista a «L'Eco di Bergamo», ma anche componente della Giunta nazionale della Federazione nazionale della stampa italiana. In vista del 26° Congresso nazionale – il tema è il seguente: «Il giornalismo e le sfide del cambiamento. Lavoro, qualità e diritti per la libertà e la democrazia dell'informazione» – è stato delegato per l'organizzazione dell'iniziativa e da mesi si sta preoccupando di predisporre al meglio il necessario per i lavori dei delegati a un appuntamento che si annuncia molto partecipato.
Cosa ci si aspetta dal Congresso?
«Siamo in un momento delicato, di profonda trasformazione del mondo dell'informazione con molte aziende editoriali in difficoltà economiche. Crediamo che il Congresso, oltre a rinnovare le cariche della Federazione, possa contribuire a porre le basi per un nuovo slancio di un settore fondamentale per la società».
Cambiamenti, lavoro, qualità: sono i nodi su cui rifletterà l'assemblea. Qual è la posta in gioco?
«In gioco c'è il diritto di tutti a un'informazione libera e di qualità. Tutelare la qualità della professione giornalistica significa garantire la libertà di informazione. E in questa direzione la tutela e il rilancio del lavoro giornalistico è fondamentale. Come Federazione, vorremmo poter avviare una nuova stagione di occupazione, secondo le regole».
La Lombardia e Bergamo sono state scelte per il 26° Congresso, dopo tanti anni. Come mai?
«Al di là delle questioni logistiche e organizzative, la scelta della Lombardia e in particolare di Bergamo è importante per dare rilievo a quanto esprime il territorio. Non bisogna dimenticare che la Lombardia è la regione dove si registra la presenza più alta di giornalisti e di editori, per quanto riguarda la carta stampata ma anche tv, radio e web. La Bergamasca, poi, esprime una realtà particolarmente importante per l'editoria provinciale. E anche questo ha il suo peso: oltre i grandi network, al di là delle realtà nazionali, esiste in Italia una fitta rete, capillare, di realtà giornalistiche ed editoriali a livello provinciale. E Bergamo, in questo contesto, esprime certamente un'eccellenza».Al. Ca.
**************
(Da Eco di Bergamo - martedì 04 Gennaio 2011 CRONACA Pagina 19)
Per una settimana
Bergamo capitale
del giornalismo
Dal 9 al 15 gennaio il congresso nazionale Fnsi
Sinergia tra le istituzioni per promuovere la città
Martedì 11 convegno con i «big» dell'editoria
Dopo vent'anni, il Congresso nazionale della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) torna in Lombardia. E ha scelto Bergamo per il suo 26° appuntamento, che si terrà al Centro congressi Giovanni XXIII.
Giornalisti da tutta Italia
Per una settimana, dal 9 al 15 gennaio, Bergamo ospiterà giornalisti in rappresentanza di tutte le realtà del mondo editoriale italiano, dai network radiotelevisivi nazionali pubblici e privati all'emittenza locale, dalla carta stampata quotidiana e periodica alle agenzie stampa e ai siti online. Dal 9 al 10 si svolge il 5° Congresso dell'Unione nazionale giornalisti pensionati (Ungp) e dall'11 il 26° Congresso Fnsi. Si attendono circa 480 partecipanti tra delegati delle associazioni territoriali, cariche politiche nazionali e personalità del mondo della comunicazione e dell'editoria.
Martedì 11, al mattino, convegno d'apertura al Centro congressi sul tema: «Giornalismo e editori in linea diretta con il futuro». Interverranno Carlo De Benedetti (L'Espresso), Fedele Confalonieri (Mediaset), Piergaetano Marchetti (Rcs Mediagroup), Jean Martin (Società dei lettori di Le Monde), Aidan White (International federation of journalist), Franco Siddi e Roberto Natale (entrambi Fnsi), intervistati da Stefano Folli e Tiziana Ferrario, rispettivamente editorialista del Sole 24 Ore e giornalista del Tg1. I lavori del congresso Fnsi cominceranno subito dopo, per terminare a fine settimana con le elezioni di presidente e Consiglio nazionale.
Una vetrina per Bergamo
Per Bergamo il Congresso Fnsi è un'importante vetrina. Tra le diverse città candidate per ospitare il congresso, il capoluogo orobico ha avuto la meglio grazie al gioco di squadra delle istituzioni e alla cooperazione tra pubblico e privato. Sono scesi in campo Provincia, Comune, Camera di Commercio a fianco del Bergamo convention bureau – qualificata associazione no profit specializzata nel settore organizzativo di meeting, congressi, eventi e iniziative promozionali – che si è occupato di predisporre e promuovere la candidatura mettendo in luce le potenzialità e il «parco congressuale» di Bergamo oltre alle risorse in termini di patrimonio culturale e architettonico.
Soddisfazione tra i rappresentanti istituzionali. Il presidente della Provincia, Ettore Pirovano sottolinea come per Via Tasso, istituzione che «crede fortemente nella comunicazione», sia «un privilegio il fatto che proprio Bergamo possa ospitare un congresso di tale rilevanza». Pirovano sottolinea il «fascino indiscusso» di Bergamo, «la facilità d'accesso grazie all'aeroporto di Orio, all'autostrada e alla ferrovia» e lo sforzo delle istituzioni locali per aprirsi a prospettive internazionali.
«Vince la collaborazione»
Anche il sindaco di Bergamo, Franco Tentorio, si dice «felice» per la scelta della Fnsi e sottolinea l'importanza della collaborazione tra istituzioni territoriali e associazioni specializzate nel settore congressuale. Il congresso dei giornalisti – dice il sindaco – «sarà un'ulteriore occasione di visibilità per Bergamo e la città è pronta per mobilitarsi. Per una buona riuscita è indispensabile un gioco di squadra tra istituzioni, coadiuvate da un connettore privato e specializzato nel gestire l'organizzazione».
Per il presidente delle Camera di commercio, Giovanni Paolo Malvestiti, «in questi ultimi anni le principali istituzioni locali, insieme alle associazioni di categoria, hanno operato in modo sinergico per realizzare le condizioni necessarie a promuovere Bergamo come sede idonea e qualificata ad ospitare eventi nazionali e internazionali di grande rilievo». È la strada, questa, per una reale promozione del territorio che ha offerte d'eccellenza a 360 gradi.
L'intervista. Paolo Perucchini
«Informazione libera
Decisiva la qualità»
Paolo Perucchini è giornalista a «L'Eco di Bergamo», ma anche componente della Giunta nazionale della Federazione nazionale della stampa italiana. In vista del 26° Congresso nazionale – il tema è il seguente: «Il giornalismo e le sfide del cambiamento. Lavoro, qualità e diritti per la libertà e la democrazia dell'informazione» – è stato delegato per l'organizzazione dell'iniziativa e da mesi si sta preoccupando di predisporre al meglio il necessario per i lavori dei delegati a un appuntamento che si annuncia molto partecipato.
Cosa ci si aspetta dal Congresso?
«Siamo in un momento delicato, di profonda trasformazione del mondo dell'informazione con molte aziende editoriali in difficoltà economiche. Crediamo che il Congresso, oltre a rinnovare le cariche della Federazione, possa contribuire a porre le basi per un nuovo slancio di un settore fondamentale per la società».
Cambiamenti, lavoro, qualità: sono i nodi su cui rifletterà l'assemblea. Qual è la posta in gioco?
«In gioco c'è il diritto di tutti a un'informazione libera e di qualità. Tutelare la qualità della professione giornalistica significa garantire la libertà di informazione. E in questa direzione la tutela e il rilancio del lavoro giornalistico è fondamentale. Come Federazione, vorremmo poter avviare una nuova stagione di occupazione, secondo le regole».
La Lombardia e Bergamo sono state scelte per il 26° Congresso, dopo tanti anni. Come mai?
«Al di là delle questioni logistiche e organizzative, la scelta della Lombardia e in particolare di Bergamo è importante per dare rilievo a quanto esprime il territorio. Non bisogna dimenticare che la Lombardia è la regione dove si registra la presenza più alta di giornalisti e di editori, per quanto riguarda la carta stampata ma anche tv, radio e web. La Bergamasca, poi, esprime una realtà particolarmente importante per l'editoria provinciale. E anche questo ha il suo peso: oltre i grandi network, al di là delle realtà nazionali, esiste in Italia una fitta rete, capillare, di realtà giornalistiche ed editoriali a livello provinciale. E Bergamo, in questo contesto, esprime certamente un'eccellenza».Al. Ca.
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(Da Eco di Bergamo - martedì 04 Gennaio 2011 CRONACA Pagina 19)
Per una settimana
Bergamo capitale
del giornalismo
Dal 9 al 15 gennaio il congresso nazionale Fnsi
Sinergia tra le istituzioni per promuovere la città
Martedì 11 convegno con i «big» dell'editoria
Dopo vent'anni, il Congresso nazionale della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) torna in Lombardia. E ha scelto Bergamo per il suo 26° appuntamento, che si terrà al Centro congressi Giovanni XXIII.
Giornalisti da tutta Italia
Per una settimana, dal 9 al 15 gennaio, Bergamo ospiterà giornalisti in rappresentanza di tutte le realtà del mondo editoriale italiano, dai network radiotelevisivi nazionali pubblici e privati all'emittenza locale, dalla carta stampata quotidiana e periodica alle agenzie stampa e ai siti online. Dal 9 al 10 si svolge il 5° Congresso dell'Unione nazionale giornalisti pensionati (Ungp) e dall'11 il 26° Congresso Fnsi. Si attendono circa 480 partecipanti tra delegati delle associazioni territoriali, cariche politiche nazionali e personalità del mondo della comunicazione e dell'editoria.
Martedì 11, al mattino, convegno d'apertura al Centro congressi sul tema: «Giornalismo e editori in linea diretta con il futuro». Interverranno Carlo De Benedetti (L'Espresso), Fedele Confalonieri (Mediaset), Piergaetano Marchetti (Rcs Mediagroup), Jean Martin (Società dei lettori di Le Monde), Aidan White (International federation of journalist), Franco Siddi e Roberto Natale (entrambi Fnsi), intervistati da Stefano Folli e Tiziana Ferrario, rispettivamente editorialista del Sole 24 Ore e giornalista del Tg1. I lavori del congresso Fnsi cominceranno subito dopo, per terminare a fine settimana con le elezioni di presidente e Consiglio nazionale.
Una vetrina per Bergamo
Per Bergamo il Congresso Fnsi è un'importante vetrina. Tra le diverse città candidate per ospitare il congresso, il capoluogo orobico ha avuto la meglio grazie al gioco di squadra delle istituzioni e alla cooperazione tra pubblico e privato. Sono scesi in campo Provincia, Comune, Camera di Commercio a fianco del Bergamo convention bureau – qualificata associazione no profit specializzata nel settore organizzativo di meeting, congressi, eventi e iniziative promozionali – che si è occupato di predisporre e promuovere la candidatura mettendo in luce le potenzialità e il «parco congressuale» di Bergamo oltre alle risorse in termini di patrimonio culturale e architettonico.
Soddisfazione tra i rappresentanti istituzionali. Il presidente della Provincia, Ettore Pirovano sottolinea come per Via Tasso, istituzione che «crede fortemente nella comunicazione», sia «un privilegio il fatto che proprio Bergamo possa ospitare un congresso di tale rilevanza». Pirovano sottolinea il «fascino indiscusso» di Bergamo, «la facilità d'accesso grazie all'aeroporto di Orio, all'autostrada e alla ferrovia» e lo sforzo delle istituzioni locali per aprirsi a prospettive internazionali.
«Vince la collaborazione»
Anche il sindaco di Bergamo, Franco Tentorio, si dice «felice» per la scelta della Fnsi e sottolinea l'importanza della collaborazione tra istituzioni territoriali e associazioni specializzate nel settore congressuale. Il congresso dei giornalisti – dice il sindaco – «sarà un'ulteriore occasione di visibilità per Bergamo e la città è pronta per mobilitarsi. Per una buona riuscita è indispensabile un gioco di squadra tra istituzioni, coadiuvate da un connettore privato e specializzato nel gestire l'organizzazione».
Per il presidente delle Camera di commercio, Giovanni Paolo Malvestiti, «in questi ultimi anni le principali istituzioni locali, insieme alle associazioni di categoria, hanno operato in modo sinergico per realizzare le condizioni necessarie a promuovere Bergamo come sede idonea e qualificata ad ospitare eventi nazionali e internazionali di grande rilievo». È la strada, questa, per una reale promozione del territorio che ha offerte d'eccellenza a 360 gradi.
CENT'ANNI SULLA NOTIZIA
La cittadina sala Manzù si prepara a ospitare una nuova mostra di ampio respiro: si tratta di "Cent'anni sulla notizia", organizzata dalla Federazione nazionale della stampa italiana - Fnsi con il contributo della Provincia e della Fondazione Credito bergamasco.
La mostra, che verrà inaugurata domenica 9 gennaio alle ore 11, in occasione del centenario del contratto nazionale di lavoro dei giornalisti siglato nel 1911, ripercorrerà la storia della federazione dal 1908 ad oggi.
La Federazione della stampa fu fondata nel 1908, con il concorso di alcune associazioni regionali di giornalisti, allo scopo di unire la categoria e renderla indipendente dal potere politico ed economico, e fu ricostituita il 26 luglio 1943, subito dopo la caduta del fascismo, per ripristinare, dopo una dolorosa e lunga negazione, quella libertà e quell'autonomia affermate con lo statuto redatto ai primi del '900, sulla scorta di una prima esperienza associativa che risaliva al 1877.
La Fnsi è oggi espressione di venti Associazioni e Sindacati regionali di stampa, ne fanno parte anche tre Associazioni di giornalisti italiani all'estero (in Francia, in Germania, in Inghilterra) ed è il sindacato unitario dei giornalisti italiani nel quale si riconoscono e si confrontano democraticamente le diverse visioni culturali e politiche, avendo al centro della sua azione la difesa della libertà di stampa, la pluralità degli organi di informazione, la tutela dei diritti e degli interessi morali e materiali della categoria.
Il contratto nazionale di lavoro giornalistico firmato nel 1911 è il primo contratto nazionale collettivo di categoria stipulato in Italia. Un primato nel mondo del lavoro frutto della capacità dei giornalisti di riconoscersi in un organismo rappresentativo unitario, a prescindere dalle fedi e dalle professioni politiche.
La mostra, che verrà inaugurata domenica 9 gennaio alle ore 11, in occasione del centenario del contratto nazionale di lavoro dei giornalisti siglato nel 1911, ripercorrerà la storia della federazione dal 1908 ad oggi.
La Federazione della stampa fu fondata nel 1908, con il concorso di alcune associazioni regionali di giornalisti, allo scopo di unire la categoria e renderla indipendente dal potere politico ed economico, e fu ricostituita il 26 luglio 1943, subito dopo la caduta del fascismo, per ripristinare, dopo una dolorosa e lunga negazione, quella libertà e quell'autonomia affermate con lo statuto redatto ai primi del '900, sulla scorta di una prima esperienza associativa che risaliva al 1877.
La Fnsi è oggi espressione di venti Associazioni e Sindacati regionali di stampa, ne fanno parte anche tre Associazioni di giornalisti italiani all'estero (in Francia, in Germania, in Inghilterra) ed è il sindacato unitario dei giornalisti italiani nel quale si riconoscono e si confrontano democraticamente le diverse visioni culturali e politiche, avendo al centro della sua azione la difesa della libertà di stampa, la pluralità degli organi di informazione, la tutela dei diritti e degli interessi morali e materiali della categoria.
Il contratto nazionale di lavoro giornalistico firmato nel 1911 è il primo contratto nazionale collettivo di categoria stipulato in Italia. Un primato nel mondo del lavoro frutto della capacità dei giornalisti di riconoscersi in un organismo rappresentativo unitario, a prescindere dalle fedi e dalle professioni politiche.
Mostra aperta dal 9 al 16 gennaio 2011
da lunedì a venerdì, ore 16 -19; sabato e domenica, ore 10 -12 e 15 -19
INGRESSO LIBERO
da lunedì a venerdì, ore 16 -19; sabato e domenica, ore 10 -12 e 15 -19
INGRESSO LIBERO
mercoledì 5 gennaio 2011
Congresso, sabato il nuovo Consiglio Nazionale
Il XXVI congresso della stampa italiana si svolgerà a Bergamo dall’11 al 14 gennaio 2011, nel centro congressi Giovanni XXIII. I lavori inizieranno nel pomeriggio di martedì 11. Il congresso sarà inaugurato con l’intervento del Presidente del Senato Renato Schifani.
Sempre nel pomeriggio di martedì sono previsti la costituzione e l’insediamento dell’ufficio di presidenza, le elezioni del presidente e dei due vicepresidenti del congresso e la nomina dei questori e della commissione per il coordinamento degli ordini del giorno.
Nella mattina di mercoledì 12 i lavori si apriranno con la relazione del Segretario Generale, cui seguiranno gli interventi dei rappresentanti dell’Inpgi, della Casagit, dell’Ordine e del Fondo di Previdenza Complementare, mentre nel pomeriggio ci saranno le relazioni del Presidente del collegio dei probiviri e della commissione verifica poteri.
Il dibattito congressuale proseguirà anche nella giornata di giovedì 13 e nella mattinata di venerdì 14. Alle 12.00 di venerdì è prevista la replica del segretario generale e nel pomeriggio le votazioni dei documenti e l’inizio delle operazioni di voto per l’elezione degli organi federali. Nella mattinata di sabato 15 si riunirà il nuovo consiglio nazionale per l’elezione del presidente della Fnsi e della giunta esecutiva. Al congresso partecipano 312 delegati in rappresentanza delle 20 associazioni regionali di stampa federate.
Sempre nel pomeriggio di martedì sono previsti la costituzione e l’insediamento dell’ufficio di presidenza, le elezioni del presidente e dei due vicepresidenti del congresso e la nomina dei questori e della commissione per il coordinamento degli ordini del giorno.
Nella mattina di mercoledì 12 i lavori si apriranno con la relazione del Segretario Generale, cui seguiranno gli interventi dei rappresentanti dell’Inpgi, della Casagit, dell’Ordine e del Fondo di Previdenza Complementare, mentre nel pomeriggio ci saranno le relazioni del Presidente del collegio dei probiviri e della commissione verifica poteri.
Il dibattito congressuale proseguirà anche nella giornata di giovedì 13 e nella mattinata di venerdì 14. Alle 12.00 di venerdì è prevista la replica del segretario generale e nel pomeriggio le votazioni dei documenti e l’inizio delle operazioni di voto per l’elezione degli organi federali. Nella mattinata di sabato 15 si riunirà il nuovo consiglio nazionale per l’elezione del presidente della Fnsi e della giunta esecutiva. Al congresso partecipano 312 delegati in rappresentanza delle 20 associazioni regionali di stampa federate.
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